MONTEROTONDO – Botte al figlio che piangeva, condannato a nove anni

Arrivata la sentenza definitiva per i fatti del 2017

Nove anni di carcere, senza sconti della pena. La Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna di Gianluca Caucci, il trentenne italo-congolese che il 17 febbraio del 2017 a Monterotondo strappò il figlio alla compagna e venne ritrovato l’indomani mentre girava col passeggino nel centro commerciale Prima Porta, a Roma. Il piccolo Chris, nemmeno tre mesi, sembrava assopito, inveve, era in coma.

La procura di Tivoli aveva disposto accertamenti clinici sul piccolo e la perizia affidata al medico legale del Gemelli Antonio Oliva aveva riportato un quadro agghiacciante. Il piccolo era stato considerato un caso Aht, di <<abusive head trauma>>, ossia vittima di gravissimi traumi contusivi del cranio da maltrattamenti con lesività recenti e non. Oltre alla frattura cranica con relativo versamento ematico, il perito aveva riscontrato emorragie retiniche bilaterali (lesioni interne agli occhi) frutto probabilmente di forti scuotimenti del piccolo, causate almeno quindici giorni prima del “rapimento”. Ed ancora graffi al collo riconducibili a segni di afferramento e unghiature. Mentre nel reparto di terapia intensiva pediatrica del Gemelli, dove ancora il piccolo è stato a lungo ricoverato in prognosi riservata, e dove sono proseguiti gli accertamenti, era stata anche riscontrata una frattura al braccio.

La Suprema Corte, il 26 febbraio ha respinto il ricorso dell’imputato e confermato la condanna di secondo grado a nove anni di carcere che ricostruiva come ”a suo carico ci fossero plurimi elementi probatori”. Il primo, il giovane aveva strappato il passeggino alla compagna dopo averle dato un pugno e poi aveva mimato un gesto del tipo ”se tu mi lasci io faccio cadere il bambino”. Quando era stato rintracciato il giorno dopo a Prima Porta passeggiava tranquillamente mentre il bambino era in coma per i traumi subiti.

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La giustificazione del padre del bambino che avesse battuto la testa per uno scossone sul bus (”Io l’ho protetto, ma ha battuto la testa davanti e dietro”) è stata ritenuta inverosimile. ”D’altra parte non solo Caucci aveva prospettato alla madre possibilità di atti ostili nei confronti del figlio prima del fatto se non si fossero composti i loro dissidi di relazione”, era stata la conclusione, ”ma lo stesso Caucci, giovane e senza esperienza del ruolo genitoriale si è messo nelle condizioni di dover gestire in situazioni estreme di precarietà per molte ore, circostanze che ha esposto il giovane ad uno stato di frustazione che hanno comportato una reazione di abuso dell’adulto del tipo Aht, di fronte a assai probabili episodi di pianto prolungato del neonato per fame o disagio”.

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Il procuratore capo di Tivoli Francesco Menditto e il pm Filippo Guerra per rintracciare il padre in fuga col piccolo avevano disposto controlli a tappeto e la localizzazione dell’indagato attraverso il cellulare.

Secondo le indicazioni fornite dall’imputato, gli investigatori avevano tentato di ricostruire gli spostamenti successivi alla sua fuga. Il giovane sarebbe fuggito con la carrozzina dalla stazione ferroviaria di Monterotondo e sceso a Roma Nomentana. Qui avrebbe preso un autobus fino a Talenti, dove avrebbe acquistato al Carrefour di via Ojetti del latte in polvere. Quindi si sarebbe diretto in viale Kant, dove avrebbe trascorso la notte presso una sorta di baracca. Il giorno dopo la passeggiata al supermercato dove è stato rintracciato dai carabinieri di Fidene e arrestato per lesioni gravissime. Quando e dove sia stato picchiato il piccolo non si sa. Ma non era la prima volta.

La madre del piccolo, una giovane di origine lituana, assistita dall’avvocato Monica Rossi, si è costituita parte civile. Il piccolo ora ha poco più di tre anni e sembra aver superato completamente le conseguenze di quella notte col papà. (ad.pi.)

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