Punire più duramente chi maltratta gli animali
La notizia è scioccante e non può far rimanere indifferenti. Un labrador di appena due mesi è stato ucciso da un uomo durante una discussione con i padroni del cucciolo. È accaduto a Roma, nella zona nord della città, venerdì scorso. Il piccolo animale indifeso è stato preso a calci e poi scaraventato, ormai morto, a qualche metro di distanza.
La follia e la violenza del gesto non sono passate inosservate: i presenti e alcuni residenti della zona hanno circondato l’uomo e hanno iniziato a prenderlo a pugni. Solo l’intervento della Polizia ha evitato che l’aggressore venisse linciato.
L’uomo, un rumeno di cinquanta anni, è stato poi denunciato per uccisione di animale e per possesso di arma da taglio, un coltello che gli è stato trovato in tasca.
Se vi foste trovati lì, spettatori attoniti di una scena inimmaginabile di disumana crudeltà, come avreste reagito? Chiamato le forze dell’ordine o risposto istintivamente e duramente come hanno fatto i residenti di Saxa Rubra?
L’articolo del codice penale che ha consentito la denuncia è il 544 bis: “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni“.
Pene troppo esigue tuona, a ragione, l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali.
In definitiva, nessuno finisce in carcere neanche per i casi più gravi. Le sanzioni vanno inasprite, affinché siano un vero deterrente contro i maltrattamenti.
Proprio per questo è in discussione in Commissione Giustizia del Senato un disegno di legge per la modifica del Codice penale affinché i reati contro chi maltratta gli animali siano puniti più duramente.
Qualora passasse, il responsabile dell’inqualificabile episodio romano, rischierebbe un massimo di tre anni di reclusione ed una multa fino a 50mila euro, in aggiunta e non in sostituzione della pena detentiva.