Elezione del Presidente si riduce al gioco del lotto

Argomento che appassiona specialmente gli analisti che non ne azzeccano mai una, a cominciare dalla decodifica delle mosse di Berlusconi ...

Quando c’è una gara gli italiani si appassionano sempre. Quando i concorrenti restano segreti e si debbono indovinare il gioco si fa ancora più suggestivo. Sono le ragioni per cui tiene banco sui giornali il dibattito relativo ai tatticismi politici che preparano la prima votazione del 24 gennaio per eleggere il presidente della repubblica.

In questo gioco Silvio Berlusconi sembra voglia burlarsi di tutti imponendo la sua candidatura. Quelli che lo conoscono però assicurano di non sottovalutarlo e non sottovalutare questa mossa. Il fondatore dell’impero Mediaset non muove le sue pedine solo per gioco confidando di uscire vincente dalla sua stessa risposta alle reazioni possibili. Sono machiavellismi buoni solo per i notisti della politica.

“Berlusconi quando scende in campo fa sul serio”. E questo può anche essere vero. Qualcuno dovrebbe informarlo però che non è solo al mondo ed ad ogni azione corrisponde una reazione uguale ed opposta, come recita il Terzo principio della Dinamica preso a prestito dalla politica.

E allora si immaginano i suoi partner di maggioranza, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, rassicurarlo come si fa con una persona anziana che tiene ancora di cordoni della borsa. I due però una volta promesso il sostegno pensano prevedibilmente a liquidare l’ingombrante patron per eleggersi, ciascuno, in un ruolo preferenziale come destra di governo.

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Ed allora è proprio Giorgia Meloni che potrebbe spingere per Mario Draghi, essendo il suo trasloco al Quirinale la premessa per ripensare il ruolo da presidente del Consiglio che potrebbe portare alle elezioni anticipate e lì fare bottino pieno.

Non dissimile però lo stesso Matteo Salvini che però preparerebbe il trasloco con un personaggio di garanzia alla presidenza del Consiglio per la mossa gattopardesca di cambiare tutto per lasciare tutto così come è.

Ma è proprio questo il debole dell’architettura. Chi può starsene buono buonino ad eseguire gli ordini dal Quirinale trasformando, di fatto, il nostro ordinamento in una repubblica presidenziale? E’ il momento in cui si pensa a una donna. E allora si fanno le ipotesi del ministro della Giustizia Marta Cartabia, che per non inimicarsi nessuno non ha predisposto il compito che le era stato assegnato: la riforma del sistema di procedura della giustizia amministrativa e tantomeno si è guardata bene da mettere mano al Consiglio Superiore della Magistratura il cui istituto è stato messo in crisi dopo il “caso Palamara”. Quindi non è in viso a nessuno. Ma non si capisce bene perché dovrebbe esser sostenuta.

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Le potrebbe essere preferita Elisabetta Alberti Casellati, attuale presidente del Senato. In questo ruolo non si è inimicata nessuno. Certo però qualcuno potrebbe ricordare quando manifestò contro lo strapotere della magistratura davanti il Tribunale di Milano insieme ai deputati di Forza Italia, a seguito della sentenza passata in giudicato per Silvio Berlusconi. Difficile posizione per chi dovrà fare la presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.

E quindi si riparte dal via rimettendo nel mazzo le carte e ricominciando a fare le congetture. Un gioco che piace molto all’esercito di commentatori ma è ancor più un castello da realizzare affinché resti in piedi per sette anni. Il tempo per portare a casa le risorse del PNRR, vedere le opere realizzate e confidare nel Sistema-Italia che è finalmente decollato.

 

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