Da ingegneri a biscottai: la storia di una famiglia di Jenne

Federico Massimi e sua moglie, dopo aver contratto il Covid, hanno riaperto l'antico forno del paese facendo biscotti

La vita di Federico Massimi e di sua moglie Valentina era decisamente diversa da quella di oggi: entrambi ingegneri in azienda, vivevano immersi nel caos di Roma. Fino all’arrivo del covid, che ha stravolto le loro vite.

Infatti, nonostante l’esperienza vissuta, la coppia ha deciso di rimboccarsi le maniche e aprire un forno in casa, dove producevano biscotti: un segnale di speranza in momenti come quelli della pandemia, in cui tutte le attività erano chiuse, ma soprattutto la dimostrazione dell’importanza di mettersi in gioco e reinventarsi sempre.

La vita ha poi voluto che la coppia, con i due figli e i due cani, sia riuscita a tornare a Jenne dove, anche grazie alla collaborazione del comune, ha rimesso in funzione l’antico forno di Jenne, che esiste dal 1751, e che oggi è conosciuto da tutti in paese come la “Forneria di Nonna Mirella”.

Come è venuta l’idea di aprire il forno?
L’idea è avvenuta in due momenti diversi. Io e mia moglie siamo due ingegneri che prima lavoravano come manager in azienda. Ci siamo licenziati per via del covid, che ha contagiato tutta la famiglia. Mio padre non ce l’ha fatta e usciti dall’ospedale abbiamo deciso di rimettere mano alle nostre vite e cambiarle drasticamente.

Quindi da lì prima è nata la società “Forneria di Nonna Mirella” nel 2020, poi dopo 3 anni in cui sono accadute parecchie cose, anche a livello mediatico, abbiamo deciso di trasferirci qui a Jenne nel 2023. Il forno che attualmente gestiamo è del 1751 e nel 2019 è stato restaurato con dei fondi europei per la salvaguardia di siti di carattere storico e culturale.

Dopo il restauro, il sindaco di Jenne ha fatto un bando per affidare la struttura che, però, è andato deserto. Il sindaco poi è venuto a sapere di noi, ci ha chiesto se volessimo partecipare al bando che è stato fatto una seconda volta, e ce lo siamo aggiudicato. Io sono originario di Jenne, così come Mirella, mia madre e nonna dei miei figli e alla fine, nel febbraio 2023 ci siamo trasferiti qui tutti quanti, io, mia moglie, i nostri due figli e i due cani”.

Da cosa è nato questo progetto?
In realtà è nato da due idee che poi si sono intrecciate tra loro.

Il primo aspetto è più imprenditoriale. Nel 2020 abbiamo iniziato questa attività con un laboratorio domestico con una formula che si chiama IAD, Impresa Alimentare Domestica, con tutte le autorizzazioni e facendo il progetto da me. Questa cosa ha funzionato molto, tant’è che ha fatto tanto rumore, tra giornali e tv.

Però nel 2022, con la pandemia che si avviava verso la sua fine, sono scese anche richieste online che venivano sfruttate molto durante il periodo di lockdown. Quindi abbiamo prima deciso di aprire un negozio in un mercato di Roma. Ma non eravamo soddisfatti perché ci siamo resi conto che mancava una radice. La nostra attività era come un albero pieno di frutti ma piantato nel terreno sbagliato.

Nel 2020 aveva senso produrre in casa, anzi, era un segno di speranza, inventandosi un lavoro. Però poi questo, con lo scemare della pandemia, rappresentava un aspetto poco identificante e identificativo della società. Da lì abbiamo ci siamo detti di riportare al loro paese, Jenne, i biscotti che produciamo, aprendo così il forno.

L’altro aspetto, sicuramente più forte, è quello personale. Roma ci andava stretta per via della qualità della vita, tra inquinamento, ritmi di vita e traffico; quindi, l’idea di venire a vivere in un paese di 200 abitanti ci piaceva molto per il modello di vita.

Da qui si sono uniti i due percorsi e ci siamo trasferiti. La nostra storia e il concetto di realizzare un prodotto buono che porti bontà agli altri sono due concetti chiave per noi, che hanno contribuito nella creazione del nostro payoff ‘Una storia che sa di buono’, che utilizziamo per i nostri biscotti. La nostra storia, infatti, è nata da premesse poco felici ma ci ha portato a capire cosa volessimo fare nella vita“.

LEGGI ANCHE  Corto circuito in un negozio, incendio a "Cinecittà World"

Come è cambiata la vostra vita, da Roma a Jenne?

Anche qui bisogna fare una distinzione, perché a livello lavorativo non è cambiato molto, cuciniamo dalla mattina alla sera come a Roma, con gli stessi macchinari del laboratorio nella capitale.

Però, allo stesso tempo, c’è differenza perché produciamo pane e pizza nel forno del 1751, il forno storico più grande di tutta la Valle dell’Aniene, alimentato a legna. In più, grazie ai racconti delle signore di Jenne e alle varie testimonianze, abbiamo ricostruito la ricetta del pane che veniva prodotto qui in passato. Sicuramente, a livello lavorativo, è più identificativo perché respiriamo la storia del paese e del forno stesso.

A livello personale invece, è totalmente diverso: ci siamo completamente rimpossessati del tempo, veniamo al lavoro a piedi, respiriamo una qualità dell’aria più pulita, lavoriamo accompagnati da rumori della natura, come il canto degli uccellini o la legna che brucia, e questo un beneficio enorme a livello di salute e di stress.

Per noi, infatti, è molto importante l’aspetto green, su cui ho fatto una riflessione sui nostri social: noi usiamo legna locale per accendere il forno, il prodotto che produciamo è per una piccola comunità, rendendo un servizio al paese dal punto di vista dell’economia sociale.
Ogni volta che panifichiamo, infatti, produciamo poco pane che al 99% viene venduto alla comunità di Jenne, riducendo l’impatto ambientale e proponendo un piccolo modello di economia green“.

LEGGI ANCHE  TIVOLI - Adottato, il Prefetto nega di riprendere il cognome originario

Come è stato aprire il primo giorno?
C’è stato un kick off. Il forno è stato restaurato nel 2019, noi lo abbiamo solo arredato e portato i vari macchinari, mentre l’area vicina al forno non era pavimentata, ma adesso stanno facendo dei lavori grazie a dei fondi con il PNRR e anche in questo il comune è stato virtuoso. Si sta realizzando una piazzetta dove poi metteremo dei tavolini per permettere alla clientela di sedersi, assaggiare i nostri prodotti e respirare aria buona.

L’apertura, comunque, è stata una delle cose più comiche della mia vita. Nel lavoro precedente avevo incontri con persone da tutto il mondo, invece l’apertura del forno, dopo un periodo di stop, ha rappresentato per gli abitanti una sorta di rinascita. Infatti, il primo giorno è stato un susseguirsi di abitanti, signore e signori con i loro suggerimenti da darci, e ogni suggerimento era diverso da quello prima.

Questo da una parte ci ha riempito il cuore perché abbiamo respirato l’affetto delle persone che avevano a cuore la riapertura del forno, però ci ha anche divertiti perché ognuno aveva una sua versione su come accendere il forno, quale legna usare e tanti altri suggerimenti diversi. Questa apertura così ben accolta, ma anche ogni volta che qualcuno viene da noi, ti ripaga della fatica fatta“.

Il prodotto più venduto? Quello tipico?
Noi siamo nati come biscottai, quindi il biscotto più venduto è il tortiglione, creato qui a Jenne. In particolare, il tortiglione è un maltagliato ed è formato da due impasti, uno bianco e uno al cacao. Lo vendiamo da quando abbiamo aperto nel 2020 e continuiamo tutt’ora.

A questo poi, sta recuperando terreno il pane di Jenne, che viene prodotto da quando esiste il forno, cioè dal 1751. Siamo tornati a fare il pane a Jenne, anche se in piccole quantità, che è un altro prodotto iconico del paese“. (C.N.)

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.