GUIDONIA – Discarica dell’Inviolata, annullata l’ordinanza di bonifica

Il Tar accoglie il ricorso della Eco Italia 87 e boccia il provvedimento del sindaco Barbet: è campato in aria e non spiega quale sia il pericolo per la salute pubblica. I contribuenti risarciscono 4 mila euro ai titolari dell’impianto

Un anno fa i grillini lo avevano sbandierato come il loro atto politico per eccellenza, un provvedimento considerato rivoluzionario e risolutivo. In realtà era senza capo né coda, scritto letteralmente coi piedi soltanto per accontentare parte dell’elettorato ambientalista. Il risultato è che a pagarne le spese sono i contribuenti.

Il Tar del Lazio ha annullato l’ordinanza numero 422 firmata il 18 dicembre 2019 dal sindaco di Guidonia Montecelio Michel Barbet per il ripristino dello stato dei luoghi e la bonifica della discarica dell’Inviolata, cessata dal 12 febbraio 2014. La sentenza 13895 è stata pubblicata martedì 22 dicembre coi nomi oscurati per la privacy a tutela dei diritti e della dignità richiesta da parte della Eco Italia 87, la società proprietaria dell’impianto, e di Francesco Rando, Angelo Deodati e Paolo Magrini, gestori del sito.

COSI’ I GIUDICI HANNO DEMOLITO L’ORDINANZA DEL SINDACO

In 21 pagine i giudici amministrativi accolgono il ricorso, annullano l’ordinanza e al tempo stesso demoliscono l’operato dell’amministrazione 5 Stelle. In poche parole a Michel Barbet è stato fatto firmare un provvedimento basato su un presupposto normativo sbagliato, previsto per un deposito incontrollato di rifiuti, come una discarica abusiva in mezzo alla strada per intenderci, mentre in realtà si tratta di un impianto di smaltimento dove lo stesso Comune di Guidonia Montecelio ha conferito per decenni.

Che il provvedimento firmato da Barbet sarebbe stato annullato era apparso chiaramente prima il 26 marzo, quando con un decreto i giudici ne sospesero l’efficacia, poi il 14 maggio quando con un’ordinanza il Tar ritenne valide le motivazioni dei gestori della discarica, escludendo pericoli di sicurezza, igiene e sanità pubblica indicate come finalità dell’atto sindacale. Atto che aveva ingiunto a Eco Italia 87, a Francesco Rando, Angelo Deodati e Paolo Magrini, di provvedere a loro cura e spese al ripristino dello stato dei luoghi e alla bonifica entro 18 mesi.

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SMONTATA LA TESI DELLE CONDANNE PENALI E AMMINISTRATIVE

I giudici hanno innanzitutto smontato la tesi del sindaco che aveva fondato l’ordine di bonifica sulle sentenze del Tribunale penale. Il Tar ha fugato ogni dubbio ribadendo che se è vero che il 4 gennaio 2019 Rando, Deodati e Magrini sono stati condannati in primo grado per la realizzazione del sesto invaso della discarica, è pur vero che il processo è pendente in Appello.

Stesso discorso vale per l’aspetto amministrativo. In particolare per la sentenza 3418/2014 dello stesso Tar che dichiarò l’illegittimità dell’ordinanza firmata il 12 agosto 2013 dal vice presidente della Regione Lazio che autorizzò a smaltire un ulteriore quantitativo di rifiuti su un’area di 17.400 metri quadrati per un volume utile di circa 380 mila metri cubi e per un quantitativo di rifiuti pari a circa 342 mila tonnellate. Anche in questo caso – hanno evidenziato i giudici – l’illegittimità non si è stabilizzata essendo stato proposto ricorso al Consiglio di Stato, tanto più che l’Aia originaria non è mai stata annullata né in autotutela né in sede giurisdizionale. Insomma, tirare in ballo diversi procedimenti penali e amministrativi estranei al caso non poteva giustificare l’ordine di bonifica urgente basato su un’istruttoria lacunosa.

ISTRUTTORIA CARENTE, NON DIMOSTRA IL PERICOLO PER LA SALUTE

A dimostrazione che l’ordinanza è scritta coi piedi il Tar evidenzia come lo stesso sindaco Michel Barbet nel medesimo atto riconosce che sono in corso le operazioni di messa in sicurezza, di monitoraggio, le procedure di capping, il piano di caratterizzazione e di bonifica ambientale della discarica.

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E allora perché ipotizzare la sussistenza di pericolo per l’incolumità pubblica? Ma soprattutto perché è stato omesso sia un contraddittorio coi proprietari che l’esperimento degli accertamenti, come previsto dalla norma?

Secondo il Tar dall’ordinanza non si desume la menzione di ragioni di celerità o indifferibilità che giustificassero tali omissioni. I giudici rimarcano inoltre che il sindaco si è limitato ad una generica asserzione in ordine ai rischi per la salute senza esplicitare alcunché rispetto agli specifici accertamenti svolti da parte della stessa amministrazione che ha un rilevante ruolo di impulso e propositivo. Insomma, Barbet non avrebbe potuto prescindere da una seria e rigorosa analisi di impatto delle determinazioni adottate con riguardo alle relative conseguenze, così come non avrebbe potuto prescindere dal quantificare i rifiuti presenti, le modalità e le tempistiche di rimozione.

Ma non è finita. Il Tar ribadisce che ordinanze del genere devono garantire un elevato livello di protezione della salute e dell’ambiente e devono essere adottate tenendo conto del parere degli organi tecnici che devono esprimersi sulle conseguenze sull’ambiente, articolando in tal modo una limitazione all’amministrazione.

GLI ABUSI DI POTERE DEL SINDACO LI PAGANO I CONTRIBUENTI

Michel Barbet, dunque, ha travalicato i limiti delle attribuzioni demandate alla sua funzione di sindaco. Tutto questo per far bella figura davanti ai suoi sostenitori che lo acclamano sulla pagina Facebook istituzionale. Purtroppo gli abusi di potere li pagano i contribuenti: il Comune è stato infatti condannato dal Tar a risarcire 4 mila euro per le spese di lite alla Eco Italia 87. (ma. sa.)

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