Mascherine di tessuto, no grazie. Anzi sì
Il mantra lo conosciamo ormai a memoria: distanziamento fisico, igiene delle mani, incremento dei test diagnostici, isolamento dei casi positivi, tracciamento di contatti, limitazione degli assembramenti, mascherine.
Ma proprio sulle tipologie di questo presidio anticovid, ci è stato detto tutto ed il contrario di tutto. Il loro contributo alla prevenzione non è mai stato messo in dubbio. Ma sulla tipologia delle mascherine, la comunicazione è stata quantomeno incerta.
Il bollettino pubblicato ogni settimana dall’Istituto Spallanzani, aggiornato di continuo in base alle nuove evidenze scientifiche, attualmente conferma la validità delle mascherine non mediche: non soltanto ridurrebbero il rischio di trasmettere l’infezione agli altri ma, in caso d’infezione, sembrerebbero anche ridurre la quantità di virus ricevuto da chi la indossa, con il risultato di infezioni addirittura asintomatiche.
Dunque, ben vengano mascherine di stoffa o di qualsiasi altro materiale capace di proteggere bocca e naso. Sarebbero utili non solo a combattere il covid ma anche i virus influenzali e, in generale, le malattie dell’apparato respiratorio.
Dagli Stati Uniti provengono dati che dimostrano come le protezioni di tessuto e chirurgiche possono ridurre significativamente la trasmissione, sino a oltre il 95%. L’accorgimento è quello di indossarle correttamente. Secondo gli esperti americani, la soluzione migliore è una chirurgica annodata attorno alle orecchie. In alternativa un doppio strato: la chirurgica più stoffa. È chiaro che l’efficacia della stoffa dipende dal tipo di tessuto, se a maglie fitte è più filtrante.