A gennaio 2023 dovrebbe cambiare la Pac, la politica agricola comunitaria che, per l’ok definitivo, deve aspettare la riunione del Consiglio Europeo entro fine anno. Però, dicono gli addetti ai lavori, si tratta solo di un passaggio formale. La Pac vale il 31,95% del bilancio dell’Unione Europea per il periodo 2021-2027: un qualcosa come 387 miliardi, circa 40 destinati all’Italia, relativi a sviluppo rurale e aiuti diretti agli agricoltori. Anche se il negoziato per arrivare a un accordo su una nuova Pac è durato tre anni, gli ambientalisti (rappresentati in Parlamento Europeo da Verdi e parte della sinistra) lamentano poche soluzioni davvero efficicaci per la lotta ai cambiamenti climatici e la difesa dell’incredibile biodiversità presente tra i paesi dell’Unione, pure se il commissario Ue all’Agricoltura Janusz Wojciechowski parla di un “importante passo avanti verso la sostenibilità, ambientale, sociale ed economica”. Del resto, le politiche agricole 2014-2020 non sono state sufficienti a ridurre le emissioni di gas a effetto serra prodotte del settore, tra cui la metà rappresentata dagli allevamenti. Un elemento importante inserito nella nuova Pac, è legato al fatto che i soldi dell’Unione non vadano a quelle aziende agricole che sfruttano i lavoratori e ne violano i diritti. Per chi è critico, però, si sarebbe dovuto fare di più per i cosiddetti “ecoschemi”, ovvero quei sostegni diretti e di maggiore entità vincolati a imprese virtuose, che mettono in atto pratiche agricole ecologiche e di benessere per gli animali. Inoltre, si dà troppa flessibilità di azione agli stati membri, che potrebbero allentare le misure per il raggiungimento del Green Deal europeo.
