Quirinale, il problema è chi fa il king maker

Salvini torna su Frattini e Letta considera la proposta una provocazione, il problema è che non vuole cedere al rivale il merito di dare l’imprimatur su chi farà il presidente

Arrivati al quinto giorno delle “quirinarie” che sarà domani, il dibattito involve su sé stesso e, se possibile, si complica, invece di dipanarsi. Dopo la tattica si esporre il candidato virtuale, buono per essere escluso dalla controparte, si riteneva che i segretari di partito iniziassero a fare sul serio.

Si era parlato addirittura di un conclave da cui dovesse uscire, se non un nome e cognome, quantomeno un identikit preciso. In questo caso si sarebbe detto che il candidato presidente è uscito di lì e non dalla designazione di un partito. Nella Prima Repubblica c’era un metodo standard: alternanza tra membro laico e un Dc. Con la seconda repubblica si è spesso sottolineato il fatto che, dalla nascita del Pd (2008), è stato invece il partito nato dai Ds e Margherita a dare il candidato al Quirinale vincente. Merito di Renzi aver lanciato Mattarella. Merito di Veltroni aver lanciato il primo Napolitano e sempre il suo partito aver ottenuto da tutti la conferma dell’ex migliorista del Pci.

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Ora si vuole cambiare la musica. Pare proprio che Salvini ora dica: “basta!” E ancora: “La palla spinta in gol la debbo calciare io perché rappresento la coalizione di forze – il centrodestra – che meglio si esprime in Parlamento (essendo i Cinque Stelle divisi in tanti rivoli e lo stesso Pd spezzato in correnti)”.

Ma è proprio questo ragionamento inespresso – ma chiaro nei comportamenti – che il Pd di Enrico Letta non accetta. Dal suo tessitore, Goffredo Bettini, non si potrà mai accettare il passaggio di consegne nel ruolo di colui che dà le carte. Sarebbe un fatto epocale. Il Pd perderebbe l’immagine di partito in grado di governare la dialettica parlamentare. Anche se Salvini proponesse Sabino Cassese, il Pd rifiuterebbe col pretesto di non accettare il metodo.

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Come nel Medio Evo, quando a incoronare l’imperatore del Sacro Romano Impero doveva essere il Papa, il problema oggi non è tanto chi comanda ma chi pone la corona sul capo. Perché sarà lui a dire al presidente della repubblica in carica: “ricordati che lì ti ci ho messo io”. E sa tanto della frase che il Padrino ripete nel capolavoro di Mario Puzo: “ricordati che mi devi un favore”.

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