GUIDONIA – Niente case nel cono di volo dell’aeroporto, il vincolo non si tocca

Tar e Consiglio di Stato negano la possibilità di edificare ville più alte del previsto

Il principio cardine è molto semplice: sicurezza e pubblica incolumità vanno garantite perché un atterraggio d’emergenza può accadere in qualsiasi momento, soprattutto a Guidonia Montecelio.

Così oggi, martedì 13 febbraio, con la sentenza numero 1442 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA – il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso della “Valle del Pereto Srl”, la società incorporata nella “Pro.Svi.Ter Srl” proprietaria di un’area di circa 21 ettari e del complesso da 16 ville realizzato vent’anni fa tra via Cristoforo Ferrari e la collina di Carcibove, zona prospiciente l’aeroporto “Alfredo Barbieri” di Guidonia.

L’azienda dei Bernardini, nota famiglia di costruttori guidoniani, si era appellata al Consiglio di Stato per far annullare la sentenza 7922 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA – emessa dal Tar del Lazio il 16 luglio 2018 poiché sull’area di 21 ettari incombe un vincolo di inedificabilità oltre una certa altezza, calcolato in funzione del piano inclinato di un metro di altezza, sul livello della pista, ogni 30 metri di distanza dalla recinzione dell’Aeroporto.

Si tratta di un vincolo apposto con decreto del Ministero della Difesa risalente al lontano 9 agosto 1965 su aree destinate ad espansione residenziale, per le quali sono stati presentati Piani di recupero urbano e riqualificazione la cui realizzazione è impedita dall’esistenza del vincolo stesso.

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Già nel 2018 i giudici del Tar avevano ribadito un concetto, ossia che “la circostanza che la naturale conformazione del terreno, nonché gli edifici già esistenti, “consumino” in tutto o in parte le quote di altezza del vincolo non è ragione sufficiente … per consentire l’edificazione a quote ancora superiori, per realizzare costruzioni che superano in maniera ancora maggiore le quote imposte dal vincolo”.

Il vincolo altro non è se non un cono virtuale di prosecuzione della pista sul lato nord, ossia da via Ferrari verso Carcibove.

In cosa consiste il vincolo?

Una prima tipologia ha la finalità di salvaguardare la sicurezza del traffico aereo che percorre a quota prossima al suolo le traiettorie di avvicinamento ed uscita della pista dell’aeroporto.

La seconda tipologia di vincolo è, invece, riservata alle zone circostanti l’aeroporto senza attinenza diretta alle aree di decollo e atterraggio degli aeroveicoli, sempre con la finalità di salvaguardare la sicurezza del traffico aereo volante a bassa quota in adiacenza all’aeroporto.

Insomma, entrambi i vincoli impongono limiti massimi di altezza delle costruzioni vicine all’aeroporto, ma il primo è notevolmente più incidente del secondo. In entrambi i ricorsi i legali della famiglia Bernardini hanno evidenziato che l’uso della pista è, di norma, solo verso sud per il decollo e da sud per l’atterraggio.

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Tuttavia, i giudici hanno fatto notare che, in casi di emergenza, non può essere escluso un utilizzo della pista anche verso nord per il decollo e da nord per l’atterraggio, con conseguente sorvolo delle aree di proprietà della “Valle del Pereto Srl”.

Peraltro – scrivono i giudici – la manovra della cosiddetta “riattaccata”, ossia la procedura seguita dagli elicotteri dotati di carrello con ruote, di reinvolo immediatamente successivo ad una simulazione di atterraggio effettuata ad una quota di 500 piedi, pari a circa 150 metri “si svolge esattamente a ridosso dell’area in questione”.

Oggi il Consiglio di Stato ha definitivamente chiuso il caso, sostenendo che le censure al vincolo avrebbero dovuto essere svolte al momento dell’emanazione del decreto ministeriale del 1965.

Inoltre ha considerato credibili e attendibili le considerazioni dell’Aeronautica Militare: “le ragioni di sicurezza del volo e della pubblica incolumità in generale – si legge nella sentenza – presentano un marcato grado di pregnanza, in quanto poste a tutela di beni primari di plurimi (ed indistinti) soggetti non suscettibili di essere altrimenti protetti dal rischio di eventi catastrofici, che l’edificazione in situ oggettivamente incrementerebbe”.

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