Addio a Giacomo Rondinella, sabato il funerale nella “sua” Tor Lupara

L’amministrazione comunale di Napoli per bocca del sindaco Luigi De Magistris, ha fatto sapere che parteciperà alla cerimonia funebre “per tributare l’ultimo omaggio a uno degli ultimi grandi vecchi della canzone di Napoli” .

“Si era trasferito qui perché gli piaceva la vita di provincia – spiegò lo stesso Rondinella in un’intervista a Tiburno nel 2005 – artista anche lui, aveva allestito una sala prove. Purtroppo era malato e io e mia moglie non riuscivamo quasi mai a vederlo, così abbiamo preso in affitto un appartamento affianco a lui. Poi lui non ce l’ha fatta, ma noi ci eravamo ambientati bene e abbiamo deciso di continuare a vivere nei posti dove Roberto era conosciuto e amato da tutti”.
Rondinella ha tagliato verticalmente la storia del cinema e del teatro italiano, recitando con Eduardo e Peppino De Filippo, Totò, Anna Magnani e Sophia Loren. Ha portato la melodia italiana in tutto il mondo, interpretando, oltre a “Malafemmena” anche “Munasterio ‘e Santa Chiara”.

 

L’intervista di Fabio Orfei pubblicata da Tiburno nel 2005

Giacomo Rondinella dice di non aver rimpianti nella vita. “Ho avuto tutto ciò che un uomo e un artista possa desiderare”. Si definisce il cantante attore più genuino della vera canzone e prosa classica napoletana. Di carattere espansivo, dinamico, leale, sincero e altruista. Ripercorrere la carriera artistica di Giacomo Rondinella significa ripercorrere la storia della cultura italiana del Novecento.

GiacRondinelFiglio d’arte (papà era Ciccillo, il cantante in frac, mamma Maria Sportelli, alias Mary Mafalda, la prima donna di ‘A Calmita), Giacomo era, per volontà dei genitori, destinato a diventare capitano di lungo corso. “Ma io volevo cantare a tutti i costi, avevo il teatro e l’arte nel sangue” dice.
Così, lasciata la carriera militare ha debuttato in una festa di beneficenza a Roma. In breve tempo sono arrivati i grandi palcoscenici a fianco di attori del calibro di Totò, Anna Magnani, Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Carlo Giuffrè e Peppino De Filippo. «Con Totò diventammo amici, era l’unico che mi autorizzò a dargli del tu – racconta – mi onorò della sua fiducia lasciandomi interpretare il suo successo “Malafemmena” in giro per tutto il mondo. Feci i festival di Napoli, di Sanremo, Canzonissima e il Cantagiro, senza mai vincere perché dicevano che avevo un caratteraccio».
Il più grande successo nel ‘50, l’anno di “Carosello napoletano”, primo musical napoletano. Un successo senza precedenti che lo portò per anni in America, pio nel ‘54 ci fu la produzione televisiva con Sofia Loren.
Due anni fa è stato premiato dal sindaco Veltroni come “Personalità Europea 2002”.

 

Si sente più cantante o attore?
“Tutte e due le cose. L’importante è strappare gli applausi alla fine dell’esibizione. E io, a oltre ottanta anni, modestamente ci riesco ancora. La cosa che mi piace di più, comunque, è abbinare la musica alla recitazione”.

 

Lei ha lavorato con i più grandi maestri del teatro italiano, chi le ha lasciato di più?
“Eduardo De Filippo. Lo considero il mio maestro. I consigli più preziosi mi sono arrivati da lui”.

 

Una definizione e un pensiero su Totò.
“Elegante, signorile, un vero “principe” come lo chiamavano tutti. Ricordo alle prove che eravamo vestiti tutti in costume tranne lui che era sempre elegantissimo, si portava dietro addirittura un maestro di cerimonie. Io e lui spesso eravamo gli unici napoletani sul palco, quindi mi aveva preso in simpatia. Mi si avvicinava e mi diceva “Io quella battuta la direi così, perché… perché… tu dilla così e non ti preoccupare”.

 

Un dietro le quinte da raccontare?
“Mi ricordo una volta che ruppi un specchio poco prima di un debutto con lui. Poi dopo due mesi di prove, abituato a vederlo sempre elegantissimo, spuntò con in testa la bombetta e pronto con una delle sue classiche e divertenti pose. Iniziai a ridere e non riuscivo a fermarmi, col sipario che si stava per aprire. Poi lui mi prese per la giacca e mi fece scherzando “vieni avanti cretino”, io abbassai lo sguardo per evitare di guardarlo in faccia e andammo in scena”.

 

Anna Magnani?
“Dolce, umana e disponibile. Un vero talento, lei e Sophia Loren sono nate già attrici. Non avevano bisogno di studiare recitazione nelle scuole”.

 

Eduardo De Filippo?
“Ho iniziato a lavorarci che avevo 45 anni. Stavo a New York in tournee e mi arrivò una sua lettera. Diceva di presentarmi per un’audizione. Presi l’aereo e lasciai tutti e tutto per due giorni. Sono arrivato che si stava facendo la barba. Mi diede un copione di due pagine in cui dovevo interpretare un magliaro”.

 

Cos’è?
“Un lestofante. Così lo interpretai recitando in dialetto, facendo il mezzo analfabeta. Lui apprezzò molto senza dir nulla, con il suo classico sorrisetto. Mi disse di andare in amministrazione a di mettermi d’accordo sul compenso. Poi rivolai in America a continuare quello che avevo interrotto”.

 

E lo spettacolo?
“Non fu un gran successo, era troppo politicizzato. Però iniziai a lavorare con lui. Mi chiamò anche per la sua commedia successiva: Napoli Milionaria”.

 

Una commedia che le sarebbe piaciuto recitare, ma non ha mai fatto?
“Natale in casa Cupiello e Questi fantasmi”.

 

Un personaggio?
“D’Artagnan”.

 

Perché?
“Perché mi sento un coraggioso e perché ho studiato scherma”.

 

L’attore italiano preferito?
“Alberto Lupo”.

 

Tra i giovani?
“C’è poca qualità, specialmente in televisione. Uno che considero un bravo attore è Emilio Fede. Ha veramente i tempi giusti: le pause, l’intonazione, la gestualità”.

 

Lo stima?
“In realtà denigrare i personaggi di sinistra e inneggiare a Berlusconi credo che faccia l’effetto contario. E’ controproducente”.

 

Un consiglio per un giovane che vuole intraprendere questa carriera?
“Studiare molto e farsi una buona base culturale”.

 

Di cosa ha bisogno maggiormente questo territorio?
“Di tutto. Servizi migliori, più strutture, in particolare per i giovani. Mi piacerebbe aprire una scuola di recitazione, spero di riuscirci al più presto”.

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