Teatro comunale – Laboratorio di didattica interculturale a cura della Casa dei Diritti Sociali

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato che spiega l’evento:

 

La migrazione dei genitori dei bambini e dei ragazzi si traduce per molti in un evento faticoso che segna in maniera profonda la loro storia e l’identità personale. I cambiamenti sono molteplici e improvvisi , le fratture laceranti e inevitabili, i compiti ai quali fare fronte appaiono in un primo tempo ardui e quasi al di fuori della propria portata. I distacchi e gli aggiustamenti devono inoltre essere gestiti e affrontati nella solitudine senza poter contare sull’appoggio dei genitori.
I genitori tendono infatti a ignorare o sottovalutare il peso delle sfide che i loro figli devono attraversare e comunque si trovano spesso nella condizione di non poterli aiutare.
Per contro la nostra società ha costretto a fare a meno di quella rete di rapporti che la famiglia, fino a qualche anno fa, rappresentava. Con nonni che non erano impegnati in giovanilistici tourbillon d’impegni per esorcizzare l’invecchiamento, con zii che stavano vicini, con madri a casa, che avevano tempo (e voglia) di stare con i figli. Padri che rimproveravano, ma che c’erano. Genitori che non abdicavano al loro ruolo, perché fare gli amici dei figli “è più moderno” (ed è pure più facile). Con cortili e strade che erano luoghi dove stare, fermarsi senza paura, giocare insieme. Con sport che non erano competizione estremizzata, impegni extrascolastici sostenibili e non “parcheggi” dove lasciare i figli mentre si è al lavoro.
Come non capire le difficoltà di tutti questi genitori, migranti e non? Le preoccupazioni che li fanno tornare a casa silenziosi, incupiti, a volte arrabbiati con il mondo, dopo ore di bocconi amari, ansie da prestazione e traffico? Ma a casa ci sono i figli. Troppo spesso soli, a guardare le lancette.
Le ragioni dei figli, le storie dei figli, la solitudine devastante che taluni si portano dentro chi la racconta?.
La nuova fiaba di Antonella Pirolo insegna ai bambini che possono farcela, che possono superare la paura di essere abbandonati, che contando sulle proprie forze e sull’amore interiorizzato dei genitori (non più dunque sulla loro presenza fisica come in una fase più arcaica), possono uscirne arricchiti. Inutile mentire: la strada da percorrere è faticosa, irta di pericoli, truculenta, spaventosa. C’è da incontrare l’Orco, il fantasma delle paure più arcaiche, oggi conosciute come molestie sessuali, c’è da batterlo, e non è un’impresa semplice.
Però, se ce l’ha fatta il nostro piccolo amico “Puiu” che, oggi frequenta la nostra scuola…
La nuova proposta di didattica interculturale della Casa dei Diritti Sociali della Valle dell’Aniene, porta con se la voglia di andare avanti nella narrazione volta all’inclusività e continua a mischiarsi con il desiderio di raccontare se stessi. Raccontare e raccontarsi.

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I bambini coinvolti sono quelli dell’I.C. Tivoli Centro che hanno svolto nel corso di tre mesi un percorso laboratoriale così articolato:
Dalla storia contenuta nel libro hanno ricongiunto quella personale di ogni bambino, le  vite, di ognuno di loro, si sono unite e sono diventate un unico racconto che  hanno riportato sul disegno del “nostro bosco”.
Con gesti significativi, hanno appallottolato un nuovo disegno schiacciando la propria rabbia, e hanno creato un cuscino di carta su cui riposare, simbolicamente, la propria testa.
I cuscini, capolavori di carta, saranno appesi in fase del mostramoci.
L’evento finale del 28 aprile 2017 presso il teatro comunale di Tivoli li vedrà protagonisti, di uno spettacolo inedito in un’unica scena, in cui si intrecceranno emozioni, gesti, parole e solo suoni umani , quelli dei genitori che abbiamo coinvolto per fare i versi degli uccelli, degli animali del bosco, del vento.
La mission è quella di educare all’inclusività e alla riflessione dei diritti dell’infanzia che viene abbandonata. Non importa se in un Paese lontano o nella stanza accanto davanti al suo smartphone.
Nel bosco si sta…non prima o poi ma insieme a mamma e papà e insieme a tutti gli altri.
I fini educativi che ci si proporrà di raggiungere attraverso l’uso dei linguaggi visuali e gestuali saranno:
•    acquisire ed esprimere l’esperienza del mondo reale e fantastico e di sé;
•    sviluppare modalità generali del pensiero quali, ad esempio, analisi, sintesi, coordinamento logico, pensiero creativo, ecc.
•    una sempre più penetrante capacità di introspezione nella sfera emotiva e dei sentimenti;
•    prendere coscienza del proprio patrimonio culturale ed accedere via ad un mondo culturale sempre più ampio (del presente e del passato della propria e delle altrui culture), per essere in grado di contribuire ed elaborare nuova cultura in prospettiva del futuro

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