“ L’amavo! La volevo per me “

Dall’interrogatorio di Filippo Turetta si scorge l’inizio di una linea difensiva che vuole giustificare l’insano gesto come momento di perdita della ragione

Quattordici ore di autopsia. Nove ore di interrogatorio per Turetta. Venti, le ferite da arma da taglio rinvenute sul corpo di Giulia Cecchettin. Ma secondo l’autopsia pare sia una coltellata al collo ad aver rescisso l’aorta causandole la morte per dissanguamento. L’ora ricostruita è quella delle 23,40 di sabato 11 novembre. Il luogo, l’area industriale di Fossò.

Sono dati che non offrono nessuna novità sull’accaduto ma sono riproposti come aggiornamento all’omicidio che ha fatto tanto discutere e ha sollecitato una mobilitazione di piazza.

Ma tra i dati cominciano ad affiorare gli scampoli di dichiarazioni di Filippo Turetta rese al magistrato in presenza dell’avvocato. Le agenzie riportano che il ventunenne ha detto: “mi è scattato qualcosa in testa”. E ancora: “L’amavo. la volevo per me, omicidio terribile. Non accettavo che fosse finita”. E sempre al gip ha detto di voler: “pagare e scontare la pena per le mie responsabilità di un omicidio terribile”.

Tra le rilevazioni delle indagini emerge che le cause della morte vanno riferite alle coltellate e non, eventualmente, alla caduta dopo la prima lite. Quindi, se fosse stato ipotizzato, svanirebbe l’ipotesi di omicidio preterintenzionale. C’è una frattura cranica causata probabilmente dall’assalto dell’ex fidanzato ma questa ferita non potrebbe essere causa del decesso.

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Ma un altro dato riporta che: “sul corpo di Giulia l’esame non avrebbe rivelato tracce evidenti, né sulla bocca né sulle mani, di legature con lo scotch. Un pezzo di nastro adesivo era stato rinvenuto, con tracce di capelli, nella zona della seconda aggressione compiuta da Turetta sull’ex fidanzata nella zona industriale”. Si tratta sempre del famoso nastro adesivo acquistato on line da Filippo e sul quale si potrebbe ipotizzare le aggravanti della premeditazione. Se non fosse stato nemmeno utilizzato cadrebbe questa aggravante ipotizzata.

Difficilmente potranno emergere altri dettagli rilevanti in grado di dare ulteriori spiegazioni sull’omicidio o sulla sua dinamica. Tutto quindi è sulla base della confessione di Filippo Turetta che continua a dare questa versione di sé di persona distrutta moralmente, impegnato anche in un lavoro di ricerca su sé stesso per capire cosa gli può essere accaduto. Si evidenzia, quindi, nelle sue dichiarazioni il tema della disperazione. Prima, dopo e durante, l’omicidio. E sulla valutazione della disperazione che i giudici dovranno emettere la sentenza, chissà quando.

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Ora, la disperazione non può essere oggetto di giudizio. Quindi Turetta è ingiudicabile? Sarebbe una risposta inaccettabile. La disperazione può e deve essere ponderata sul piano giuridico per ravvisarne le modalità, la gravità, la capacità di essere rimessa in scena laddove il soggetto si trovasse nuovamente al cospetto di uno stress nervoso. Ma chi può giudicare la sua pericolosità? Nessuno. Non esiste una psichiatria di cui le scienze umane sono attualmente in dotazione in grado di poter dare certezze in tal senso. Qualsiasi giudizio di colpevolezza certa sarà determinato da una valutazione incerte sulle condizioni della sua psiche.

 

 

( L’immagine proposta riproduce con modificazioni il murales realizzato da Fabio Ingrassia davanti al cinema Odeon a Milano )

 

 

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