Guidonia – “I miracoli esistono: l’auto precipitò, restammo illese”

1981 è diventata meta mondiale per credenti da ogni angolo della Terra, poiché si dice che il 24 giugno di quell’anno la Vergine Maria apparve a sei ragazzine locali, tra cui Marijana Dragicevic, oggi considerata una “veggente” e tramite spirituale per il messaggio della Vergine Maria.
Licia, casalinga , sposata, madre di due figli e due volte nonna, è stata a Medjugorje per la prima volta nel maggio del 2000. L’ultima fu alla fine del 2011. Da quel giorno è diventata un’altra persona, si è avvicinata alla fede con più libertà, ora è nella sua quotidianità. Il primo pellegrinaggio di Bruna, oggi neocatecumenale madre di quattro figli, è stato nel 2005 quasi per caso. Entrambe non hanno più smesso di andarci, anche due volte l’anno.

 

Licia, com’era la sua vita prima di Medjugorje?
“Piatta, apatica, ero anche un po’ depressa. Non avevo stimoli, camminavo a testa bassa, ero anche molto più timida. Fumavo più di un pacchetto di sigarette al giorno. Inoltre qualche problema in famiglia mi stava destabilizzando. A consigliarmi il pellegrinaggio fu  mio figlio Alessandro, 29 anni, che allora era solo un adolescente e frequentava moltissimo la chiesa. Mi vedeva triste e demotivata, ha sentito parlare dei pellegrinaggi e mi ha spinto ad andarci. Lui non c’è mai stato.
Sono partita il 31 maggio 2000 con un gruppo di fedeli di Colleverde. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, non ero mai stata particolarmente osservante fino a quel momento, ma sin dal primo giorno è cambiato tutto. Ho smesso di fumare, mi sono aperta alla vita e alle persone, ho iniziato col volontariato e a frequentare sempre la parrocchia di San Remigio. Sono anche diventata Ministro Straordinario, col compito di portare assistenza a vecchi, ammalati e disabili che non possono muoversi”.

A Colleverde c’è un gruppo che organizza il pellegrinaggio?
“Non proprio, ci organizziamo spontaneamente. La parrocchia non può farsi direttamente promotrice, perché Medjugorje non è ancora riconosciuta ufficialmente come luogo di miracoli dal Vaticano. Però i parroci possono andare in pellegrinaggio come guide spirituali e a volte padre Riccardo ci accompagna. Quanti siamo? Dipende, da dieci a trenta, in base alla disponibilità economica dei singoli e agli impegni personali”.

 

Cos’ha provato in quei luoghi?
“Appena si arriva si va alla Collina delle Apparizioni, lungo il percorso ci sono i vari misteri della fede e alla terzo, ovvero la nascita di Gesù, ho iniziato a piangere a dirotto. Dopodiché il cuore mi si è riempito di gioia. Una sensazione meravigliosa. E poi è vero, si riesce a guardare il sole direttamente senza protezioni e ogni tanto si sente un forte profumo di rose, anche se lì non ce ne sono. La vita a Medjugorje è molto comunitaria, si passa tutti insieme la giornata, si visitano i luoghi sacri, si prega, si discute delle esperienze vissute”.

 

Ha assistito ad altri episodi razionalmente inspiegabili?
“Una storia c’è, ne parlò anche la televisione. Nel luglio del 2004 arrivati a Spalato dovemmo affittare un pullman diverso da quello che di solito inviano da Medjugorje, ma dopo pochi chilometri il mezzo si guastò. Fummo costretti a cambiarlo nuovamente ed ecco cosa successe: l’autista non vide uno sperone di roccia, il pullman si sbilanciò nel vuoto e poi precipitò per circa quindici metri. Beh, se sono qui a raccontarlo significa che un miracolo è avvenuto, perché il pullman era completamente distrutto ma delle quaranta persone trasportate non si fece male nessuno. Nemmeno un graffio. Una bambina di 7 anni che stava con noi raccontò di aver sentito una mano sollevarla e adagiarla su un’altra persona, perché non si facesse male cadendo. E poi ho assistito a qualcosa di ancora più sensazionale”.

 

Ovvero?
“Paolo Brosio nel 2009 portò un bambino malato di tumore, aveva decine di metastasi su tutto il corpo. Tornato a casa si sottopose all’ennesima tac, che sorprendentemente evidenziò che al posto del tumore c’erano delle cicatrici. Era guarito, non grazie alle cure a cui era sottoposto”.

 

Invece lei, Bruna, quando ha iniziato a visitare Medjugorje?
“La prima volta andai quasi come turista, convinta da Licia. Per me era più un viaggio turistico che un pellegrinaggio, ma quando sono arrivata ho percepito un’aria strana, serena, piena di amore. Sentivo che c’era qualcuno lì per noi ma non potevamo concretamente vederlo. Un giorno ero in preghiera davanti alla statua di bronzo del Cristo Risorto e vidi l’immagine di Gesù sulla coscia sinistra. Ero incredula, ma anche una mia amica l’aveva vista, così mi confortai e provai una grande sensazione di pace”.

 

Questa esperienza vi permette di ampliare le vostre amicizie?
“Sì, ogni volta si incontrano pellegrini da Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Corea, Germania. Ma soprattutto siamo italiani e stiamo tutti insieme, anche nel più assoluto silenzio. La cosa brutta, ogni volta che si va lì, è tornare a casa. E’ come tornare dal paradiso, allora bisogna farsi forza e ricominciare daccapo”.

 

Licia e Bruna, cosa vi ha regalato di concreto Medjugorje?
“Il coraggio di affrontare i problemi di tutti i giorni con grande serenità. Una volta che ti avvicini a Dio, non hai più paura di nulla, perché sai che lui c’è, è presente e ti dà una mano. Ma devo dire che è difficile gestire la spiritualità quando non ne hai mai avuta, tornare alla vita di tutti i giorni con l’anima stravolta”.

Valerio Valeri

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