Ponte di Nona – Due baracche in mezzo al nulla diventano la casa di Dragos e Giovanni

La storia

Partiti dalla Romania un anno fa, alla ricerca di un lavoro che desse loro la possibilità di inviare aiuti economici alle proprie famiglie, i due fratelli si sono invece ritrovati in questa realtà, fatta di miseria e stenti, mentre tutto intorno sorgono i nuovi palazzi.

Dragos e Giovanni parlano italiano a stento, si fanno capire con i gesti, ma è bastato guardarli in volto per cogliere la sofferenza e la solitudine che sono quotidianamente costretti a vivere, lontani dagli affetti e dalla loro terra. Ci fermiamo a parlare con Dragos, il quale ci spiega di aver trovato lavoro come guardiano in una delle numerose aree cantiere del quartiere: un impiego “sottobanco” e non inusuale in questa zona, che lo impegna tutte le notti dalle 20 alle 7 del mattino. Una condizione che, però, non riesce a valergli uno stipendio da ormai due mesi.

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La solidarietà del quartiere

Mentre Dragos continua a raccontare la loro vita, con il rammarico di chi ha fallito nei confronti PDN Baracche4della famiglia lasciata in Romania, Giovanni resta seduto a terra, armato di coltello e di una tavoletta utilizzata come tagliere, intento a tagliare quel po’ di pesce che sono riusciti a racimolare in giornata. Tutto questo in condizioni igieniche drammatiche, all’aperto, mentre una nube nera di mosche girava intorno a quella che sarebbe dovuta diventare la loro cena. Quel poco che riescono a mettere sotto i denti, raccontano, “proviene dalle opere di solidarietà di alcune attività commerciali del quartiere”: un po’ di carne, verdura o delle patate, il minimo necessario per tirare avanti. Cucinano con una piccola stufa all’interno di una delle due mini baracche, utilizzata anche per scaldarsi durante l’inverno, che però risulta altamente pericolosa per la loro incolumità.

 

Solitudine

Ai due fratelli la visita ha fatto piacere, “è stato un modo per avere contatti umani, sfogarsi e raccontare le proprie avventure quotidiane”. Tutto quello che fanno è per i loro otto nipoti, “rimasti al paese”. Ma come fanno a continuare a vivere così? In risposta indicano il cielo. “Sono rimasto davvero colpito di come queste due persone vivano soffocati tra fame e miseria, mantenendo comunque la loro dignità”, dice Foresti al termine dell’incontro con i due sventurati”. Mentre tutto intorno a loro, tra le palazzine dei quartieri e il traffico delle auto, va avanti come nulla fosse.

l.l.g.

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