Fonte Nuova – La festa del Sacro Cuore torna grazie all’impegno di tutta la comunità

Il Nuovo comitato “avrà piena autonomia decisionale”, come si legge sulla delega ufficiale, “in piena armonia con lo spirito ecclesiale”. L’Ansi infatti agirà con il Comitato Cittadini, l’AIispats Guardie giurate volontarie per la sicurezza ed ex membri del Comitato Festeggiamenti Sacro Cuore 2013. Anche la Pro Loco aiuterà per quanto possibile la buona riuscita della festa. Il Sindaco, insieme al delegato alla cultura, affiancheranno come da statuto comunale il nuovo Comitato 2015.

 

L’intervista a Don Paolo

La prima festa del sacro cuore risale al 1968, dopo anni di pausa rinasce nel 1988 con don Lino Petricca che lei ha affiancato per alcuni anni. Cosa rappresentava la festa per lei e per la cittadinanza tutta nel periodo della sua permanenza?

“La festa, oltre gli anni di pausa prima del 1988, ebbe un altro intervallo negli anni 1993-94, per poi riprendere ininterrottamente dal 1995 al 2013. Era, sia per la parrocchia, sia per la popolazione, l’occasione per creare aggregazione tra la gente in un territorio che subiva una continua trasformazione e che non offriva, almeno fino agli anni ’90, tante occasioni per uscire ed incontrarsi”.

 

Ha lavorato spalla a spalla come dicevamo con don Lino e con un altro coordinatore storico della festa del Sacro Cuore Mario Toscano. Due figure che hanno dato molto per la comunità torluparese. Cosa le piace ricordare di loro e del loro apporto dato alla festa?

“Anzitutto erano accomunati da una vera passione per la comunità che li ha spinti a spendersi per molte cose. Di don Lino mi piace ricordare la sua calma e pazienza che sapeva tirar fuori quando sorgevano le inevitabili difficoltà organizzative con le relative preoccupazioni di non farcela. E lui sapeva sempre incoraggiare. Di Mario mi piace ricordare il profondo impegno e la precisione, l’attenzione ai particolari, la sua capacità di farsi carico delle cose e, soprattutto mi piace ricordare che, nonostante le difficoltà, ci siamo divertiti tantissimo riuscendo sempre a sdrammatizzare. Ma insieme a loro vorrei ricordare le tante persone che si sono prodigate, nel corso di tutti questi anni, dedicando tempo ed energie nell’organizzazione della festa: sono tutti quelli che hanno fatto parte dei comitati, la Pro Loco e tante altre persone che hanno lavorato dietro le quinte”.

 

L’anno scorso la festa si è limitata ad una manifestazione religiosa causa crisi e la conseguente previsione di una raccolta fondi scadente per decisione del parroco don Vito Gomelino. Cosa ne pensa di questa scelta?

“La trovo giusta. In un tempo di crisi, come quello attuale, spendere tanti soldi per tre/quattro giorni di festa mi sembra contro lo spirito del Vangelo e poco rispettoso verso le tante persone che sono in difficoltà. Dovremmo imparare a divertirci con poco, non necessariamente spendendo tanto, riscoprendo, attraverso uno stile sobrio, il significato profondo della festa. È come quando ci si ritrova con gli amici: ci si diverte di più semplicemente mangiando un panino insieme, piuttosto che in un ristorante d’alta classe. Ritengo poi che una festa religiosa debba sempre avere una particolare attenzione ai poveri: non ci si può divertire chiudendo il cuore ai bisogni degli altri. Non è una festa cristiana. Ricordo che nella festa del 2009, a due mesi dal terremoto in Abruzzo, il ricavato della lotteria fu devoluto ai nostri fratelli devastati dal sisma”.

 

Negli anni in cui lei era a Tor Lupara invece la festa raggiunse una certa grandezza e importanza locale. Ora gli anni passano e la popolazione è sempre meno “torluparese” e più “di passaggio”. Le dispiace vedere come questa festa sia decaduta proprio nel momento in cui si stava affermando come ricorrenza tradizionale locale?

“Le tradizioni, sia pur con alti e bassi, rimangono perché sono appunto ‘tradizioni’. Indubbiamente la festa va ripensata. Essa era nata quando a Tor lupara non c’era niente ed era l’unica manifestazione nel territorio. Dalla fine degli anni 90 in poi sono sorte tantissime altre feste, organizzate da altre associazioni. Questo ha dimostrato che ci sono tante persone che, seppur in modi diversi, hanno ritenuto necessario fare qualcosa per il territorio e per la popolazione. Lo trovo molto positivo. Penso, però, che sia arrivato il momento per unire le forze, per togliere una certa ‘dispersione’ di iniziative che spesso portano ad un dispendio di soldi con poco coinvolgimento di pubblico. È importante, poi, avere obiettivi precisi. Ad esempio: se la festa era nata per creare aggregazione in una popolazione che veniva da diverse parti d’Italia, oggi va pensata per creare aggregazione tra gente che viene da diverse parti del mondo. Bisogna poi chiedersi: di cosa ha realmente bisogno oggi la gente? Cosa significa fare festa? Le istituzioni debbono semplicemente organizzare feste per dare “panem et circenses” (pane e giochi, come accadeva nell’antica Roma) o debbono anche alzare il livello culturale-ricreativo della gente?”.

 

All’epoca giravano anche più soldi e la cittadinanza era anche più disposta a dare. Qual’erano le maggiori attrazioni della festa, anche grazie a questa maggiore partecipazione? 

“L’orientamento era sempre quello di soddisfare le richieste della gente e la maggior parte chiedeva spettacoli musicali con personaggi importanti e famosi. Così, la maggior parte delle entrate, si concentravano per i ‘big’. Si cercava comunque di fare attenzione a tutte le fasce d’età assicurando sempre qualcosa per i bambini e per gli anziani”.

 

Ripensando un po’ a tutte le feste da lei viste qual’è stato il momento più bello, il momento più difficile e il momento più toccante? 

“È un’impresa ripescare nella memoria il momento più bello, quello più difficile e quello più toccante perché si tratta di 18 feste, dal 1995 al 2012. Il momento più bello è in ogni festa: l’incontro con la gente. Spesso alcune persone le vedevo solo in quell’occasione e diventava il momento per aggiornarsi sulla loro vita. Anche il momento più difficile si ritrova in ogni festa ed è legato alle questioni organizzative. Il momento più toccante è quello alla fine della festa quando, con tanta stanchezza addosso, puoi dire di aver fatto qualcosa per gli altri. La festa può piacere o non piacere e, soprattutto, la festa è sempre criticata, ma intanto si è fatto qualcosa per gli altri e non per se stessi”.

Alessandro Caroni

Condividi l'articolo:
LEGGI ANCHE  TIVOLI – Case popolari, l'inquilino riconsegna le chiavi: assegnato l’alloggio al terzo in graduatoria

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.