La stecca di Letta

Nuovo sistema fiscale. Non nuova tassa

Vi sarete sicuramente chiesti perché il fisco italiano è oggi uno dei più iniqui, inefficienti e soprattutto complicati al mondo. L’Italia in cinquanta anni si è trovata ad essere uno dei pesi a maggiore peso fiscale e con inadeguata corresponsione di servizi. Questo perché non si è pensato a una riforma del sistema di prelievo fiscale ma sempre e solo a introdurre nuove tasse o ad aggiornare le aliquote. Quella di Enrico Letta, consistente nell’aggiungere una nuova tassa di successione per i grandi passaggi di proprietà finalizzata a sostenere un welfare per i giovani, è solo l’ultima in ordine di tempo delle proposte che si accumula alle polemiche di ieri, lanciate e dimenticate.

Si deve ricordare che l’ultima riforma strutturale del sistema fiscale italiano è del 1969. Entrò in vigore nel 1974. Da allora il silenzio rumoroso di chi si lamenta perché in Italia si pagano troppe tasse e chi risponde che non sono mai troppe davanti a tante ineguaglianze sociali. Un batti e ribatti, tortuosamente ripetitivo e stancante. Qualche giorno fa al balletto demagogico si è aggiunto Enrico Letta.

Eppure un anno fa si è iniziato a parlare a un nuovo sistema fiscale. Ragionare, quindi, ancora oggi, in termini di una singola misura da aggiungere al complesso di norme che lascia tutti insoddisfatti non aiuta. Peggiora il caos normativo. Aumentare progressivamente dal 4% al 20% la tassa di successione per i patrimoni superiori a 1 mln di euro, recuperando un gettito annuo di 2,8 mld da destinare ad un bonus welfare per i 18enni. Invece con l’idea di Enrico Letta saremmo sempre a perpetrare l’errore di aggiungere un nuovo mattone in questo edificio appesantito da superfetazioni, caratteristico oramai della nostra fiscalità.

Un partito riformista degno di questo nome deve cooperare ed essere parte dirigente per arrivare a un nuovo sistema di prelievo fiscale che sostituisca quello attuale, oramai insostenibile. E allora ci sarà modo per introdurre eque compensazioni in cui il prelievo va a sostenere la parte più debole della società.

Fare questo è possibile caricandosi sulle spalle la fatica del riformismo, evitando di fare i primi della classe – ruolo che nessuno riconosce al buon Enrico Letta – attuando un’azione di respiro ampio all’interno delle rappresentanze parlamentari. In sostanza, essere quello che si predica: riformisti.

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