Nella crisi una filosofia ad uso domestico

“Contributo alla critica di me stesso”

L’ultimo commento su questa rubrica ilnardi quotidiano ha destato sorprendenti reazioni che però sono arrivate a livello personale.

Sono stato accusato di essere inattuale. Guardando ai nostri tempi la comunicazione deve essere necessariamente piana. Evitare riferimenti – secondo le obiezioni che mi arrivano. Oramai i giovani restano appesi agli smart e ai giochi elettronici, quelli di generazioni più vicine alla mia invece – sempre secondo gli obiettori – relegano approfondimenti inutili, da superare. In tal senso anche i filosofi di professione debbono adeguarsi al nuovo regime dialettico nato dall’effettualità delle cose.

Non credo che siano obiezioni del tutto insensate. La complessità sembra risiedere tutta nell’articolazione della tecnologia di cui fruiamo tutti come meri utilizzatori finali. E l’apparenza afferma come unico valore il disporre di tecnologia semplificatrice. Ma è chiaro che, messo a sistema, tutto ciò si traduce in un inganno. In un sistema orwelliano. In tal senso deve essere ricondotta la ribellione tour court, che solo occasionalmente prende le connotazioni tipo “no-vax”, “no-green-pass”.

Il dato di connotazione è che questo ribellismo inconsapevole delle sue origini abita solo in ambienti borghesi (passatemi l’espressione). L’insofferenza a quella che pare una versione unica del mondo e del potere sussiste in ambiti, per così dire, intellettualizzati. Non tra il popolo, non tra quelli che non hanno nulla da perdere in questo modello sociale e nelle attuali gerarchie di potere.

Ed è questo lo spunto per una filosofia della crisi ad uso domestico.

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