Quando dall’ergastolo al “non aver commesso il fatto” il passaggio è breve

L'incredibile vicenda dell'infermiera accusata e condannata per diverse morti in corsia poi dichiarata innocente con formula piena

Potrebbe definirsi kafkiana al rovescio, questa vicenda. Capi di accusa pesantissimi, nemico pubblico sbattuta sui giornali, sentenze che conferma il convincimento che in ospedale si erano fatti per cui era quell’infermiera ad aver causato una serie di dipartite di malati in corsia. Disciolto come neve senza sole.

IL sistema inquisitorio che l’aveva messa dietro la sbarra confermando la mole di accuse è lo stesso che l’ha assolta. quindi non si può dare il via alla solita requisitoria sullo strapotere della magistratura in Italia e sui suoi errori. E’ la stessa magistratura, anche se non gli stessi magistrati, che hanno trovato ragioni per l’assoluzione.

Nel bel mezzo il senso di una vicenda pirandelliana dove la verità trova un esito finale, ma rimane sempre il lecito dubbio che sia proprio quello emesso nel giudizio di secondo grado.

Il teatro in cui va di scena la vicenda drammaticamente vera è la Corte d’Appello di Firenze. L’accusata si chiama Fausta Bonino. Cinquantasei anni. L’accusa è di aver provocato, in due anni, dal 2010 al 2015, il decesso di dieci pazienti nell’ospedale di Piombino in provincia di Livorno. Ergastolo in primo grado. Sempre da Livorno il tribunale conferma quattro dei dieci omicidi di cui è accusata l’infermiera che decide per il rito abbreviato. L’infermiera – secondo quella prima sentenza – avrebbe somministrato eparina ai pazienti con volontà di provocarne la morte.

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In Appello si condanna la donna per ricettazione, avendole trovato a casa alcuni medicinali. Ma è tutt’altra cosa che la condanna per omicidio plurimo. Eppure in secondo grado il pubblico ministero aveva rincarato chiedendo la condanna per nove dei dieci omicidi di cui era accusata l’infermiera. La Corte d’Appello rigetta totalmente la richiesta e la assolve “per non aver commesso il fatto”.

La vicenda ha un precedente. Sotto accusa sempre un’infermiera ma stavolta la scena è Ravenna. Daniela Poggialli fu accusata di omicidio per la morte di due pazienti. Dopo dieci mesi di carcere la donna è stata assolta.

Non ci sarà mai una giustizia risarcitoria in grado di ripagare la devastazione che le due infermiere hanno vissuto e probabilmente continueranno a vivere per sempre. Ma evidentemente non c’è nemmeno una giustizia in grado di stabilire con solenne equanimità la verità delle condizioni causali che determinano il processo più meccanico e ovvio che esista nella vita: l’immanenza della morte.

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