GUIDONIA - Il palazzo nell’area di servizio è legittimo, non c’è vincolo archeologico

Dopo 13 anni termina una storia infinita: Pascucci vince la battaglia con Cornetto Bourlot

Il cantiere è fermo da 13 anni. Prima per presunte illegittimità dei permessi di costruzione. Poi per fantomatici reperti di una villa di epoca romana mai rinvenuti.

Sembrava una storia infinita quella del fabbricato di 4 piani in via delle Genziane a Colle Fiorito di Guidonia di proprietà della Telpa srl dell’imprenditore Stefano Pascucci, nel lotto adiacente al distributore “Icm” e al Mc Donalds.

Sembrava perché venerdì 23 giugno il Consiglio di Stato ha messo la parola fine ad una battaglia legale durata oltre un decennio tra la Telpa di Stefano Pascucci e la Sigea Srl (Società italiana gestioni alberghiere) dell’imprenditore Giuseppe Cornetto Bourlot, erede della storica villa di viale Roma antistante il palazzo in costruzione.

Con la sentenza numero 6191 – CLICCA E LEGGI LA SENTENZA– il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio finalizzato a ribaltare la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione seconda) numero 5932 del 12 maggio 2022.

I giudici di secondo grado hanno invece condiviso la tesi dell’80enne avvocato e senatore del Movimento 5 Stelle Francesco Castiello, legale della Telpa, confermando che i presunti resti di una villa romana non possono dare origine ad una zona archeologica vincolata, perché il vincolo archeologico puntuale che lo tutela mira a proteggere un oggetto specificamente individuato e non a salvaguardare un paesaggio o un contesto ambientale giudicato meritevole di protezione nel suo complesso.

UNA VICENDA INIZIATA DIECI ANNI FA

La storia del palazzo nell’area di servizio Icm iniziò nel 2010.

Fu allora che l’imprenditore Pascucci ottenne dall’allora dirigente all’Urbanistica Umberto Ferrucci prima la concessione 114/2010 poi la Scia 15782/2011. La prima autorizzava Pascucci a costruire un piano in più ai sensi della legge regionale 8 del 2001 che concede agevolazioni urbanistico-edilizie agli impianti di carburante e il cambio di destinazione d’uso degli interrati, la seconda dava il via libera a lavori in variante al progetto con rinuncia al cambio di destinazione d’uso degli interrati per realizzare altri due piani da destinare ad uffici.

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RICORSI E DENUNCIA DI VILLA CORNETTO

Permessi impugnati davanti al Tar e al Consiglio di Stato da parte di Claudia Merloni, titolare della Tenuta Sant’Antonio e moglie di Giuseppe Cornetto Bourlot. L’imprenditrice denunciò anche alla Procura di Tivoli col risultato che il 10 luglio 2012 il giudice per le indagini preliminari Alfredo Maria Bonagura sequestrò l’immobile su richiesta del pubblico ministero Stefania Stefanìa che nel frattempo mise sotto inchiesta sia Stefano Pascucci che Umberto Ferrucci.

Il 19 ottobre 2017 il processo al 52enne imprenditore terminò con una sentenza di non luogo a procedere per prescrizione, viceversa il 65enne ingegnere è tuttora sotto processo per abuso d’ufficio in un separato giudizio.

LE SENTENZE SFAVOREVOLI E LA DEMOLIZIONE

Il ricorso di Claudia Merloni, titolare della Tenuta Sant’Antonio, fu accolto dal Tar del Lazio che la sentenza 4007/2012 annullò il permesso rilasciato alla Telpa che nel frattempo ottenne una seconda concessione, la 279/2013.

Il giudizio del Tar fu confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza 1239/2014 che ribadì due concetti fondamentali: il primo era il mancato parere della Soprintendenza ricadendo l’area dove è costruito il fabbricato nell’ambito di una fascia di rispetto della zona archeologica, il secondo concetto era la non assentibilità dei locali ad uso direzionale per mancanza del nesso di strumentalità della nuova volumetria autorizzata in deroga rispetto alle esigenze commerciali dell’impianto di carburante.

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Così Claudia Merloni si appellò di nuovo al Tribunale amministrativo per far eseguire le disposizioni delle sentenze con la conseguente demolizione dei piani in più.

COLPO DI SCENA: IL VINCOLO ARCHEOLOGICO NON C’E’

Il ricorso al Consiglio di Stato presentato tre anni fa dall’avvocato Francesco Castiello ha di fatto ribaltato tutto (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

Già con la sentenza numero 4846 del giovedì 30 luglio 2020 i giudici di secondo grado avevano riconosciuto che il nuovo permesso – 279/2013 – rilasciato da Ferrucci non era una variante di quello annullato da Tar e Consiglio di Stato, soprattutto perché era stato preceduto da una nota della Soprintendenza successiva alla prima sentenza del Tar la 4007/2012: con quella nota la Soprintendenza escluse la presenza di tracce archeologiche e antropiche nell’area e inviò gli atti alla Regione per introdurre le “opportune modifiche” per correggere l’ubicazione del vincolo nel Ptpr.

Le conclusioni del Consiglio di Stato di tre anni fa erano state nette: il nuovo permesso rilasciato a Pascucci non ha fatto altro che applicare le nuove Linee comunali emanate prima della sentenza 4007/2012 e attualmente vigenti, per cui è stato emesso sulla base di presupposti nuovi ed autonomi come il parere della Soprintendenza e le nuove Linee.

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