Quale futuro avrà il San Giovanni Evangelista?

Una tempestiva rimessa in funzione oppure è l’occasione di voltare pagina nella Sanità locale?

E si dirà: giù le mani dall’ospedale di Tivoli! Si farà la battaglia affinché la sede del centro sanitario di maggiore rilevanza dell’azienda sanitaria Rm5 resti a Tivoli … Se non proprio Tivoli Tivoli, almeno nel suo sedime.

E in effetti lo stanziamento e il progetto per il nuovo ospedale sono stati approvati da tempo. Solo che da tempi non sospetti era stato rilevato che non poteva più darsi un servizio sanitario degno del ventunesimo secolo a ridosso del centro storico di una città plurimillenaria.

Ma già nel 1998 era stato approvato in Regione Lazio il progetto per la ricollocazione del nosocomio tiburtino. C’era già stato un grande stanziamento per realizzare ai piedi di Tivoli, sempre in area del Comune, ma distaccato dalla città “il nuovo ospedale tiburtino”. Le aree e le nuove locazioni erano sul piano della programmazione. Era stato pensato Colle Cesarano oppure altre destinazioni a Villa Adriana. Ma di quel finanziamento non se ne fece più niente.

Altri erano gli appetiti in materia sanitaria. Sulla cura della salute si gioca un effetto importante nella ricerca del consenso. Monterotondo aveva infatti ottenuto una cospicua somma per riammodernamento del suo nosocomio che insiste, sempre, a ridosso della città.

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L’organizzazione sanitaria oggi è ben diversa da quella di sessanta anni fa. Se prima poteva essere un valore avere l’ospedale a pochi metri di distanza da casa oggi può rappresentare un pericolo, perché la cura della salute ha oggi bisogno di standard tecnologici e di completezza nell’offerta. Il vecchio ospedale del piccolo centro abitato non può offrire un livello di servizi adeguato.

Ma c’è bisogno anche di un luogo dove intervenire in una casistica variegata di bisogni di cura. E allora con la dizione di ospedale si deve sostituire l’espressione sostanziale: centro di primo intervento. È il luogo dove si va per curare infortuni occasionali e domestici e si effettua il primo intervento qualora il paziente abbia un infarto.

Il resto della cura e l’osservazione in sede medica deve essere attuato in un centro di Emodinamica e in un ospedale degno dei nostri tempi. Il San Giovanni Evangelista non lo era più da qualche decina d’anni. Diciamocelo! Se anche nelle classifiche era quotato nelle retrovie un motivo doveva pur esserci. Non c’entra, ora, l’incendio e lo sconcerto creato tra i cittadini giustamente legati alla propria realtà ospedaliera.

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Gli standard sanitari, i metodi di cura, oggi hanno bisogno di tecnologia specializzata e di strutture adeguate a supportarla con una rete di alto profilo. Il vecchio, glorioso, ospedale di Tivoli non va più bene. Dobbiamo dircelo.

Non a caso l’investimento della Regione Lazio aveva già guardato alla realizzazione di una nuova struttura. Quindi nella prevedibile levata di scudi per il ripristino veloce del San Giovanni Evangelista la classe dirigente locale dovrà essere impegnata stando alcuni passi avanti al senso comune, non di inseguire la protesta per ottenere facili consensi. Ma è questa la strada sempre più difficile da battere nel nostro paese.

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