Una sanità più equa

Ma in verità si parla di uguaglianza per intendere efficienza

Ursula von der Leyen è tra noi. In Italia. A Roma, a Villa Pamphilj. La presidente della commissione Ue partecipa al Global Health Summit per guidare i lavori del vertice riunisce – virtualmente – i leader del G20.

Argomento centralissimo, chiaramente, le vaccinazioni. Bisogna fare presto. E farlo non solo nei singoli paesi, ma in ciascun paese del mondo, in ogni anfratto, in ogni angolo di questo pianeta. Ma non si tratta di equità di tipo socialisteggiante. Si sa bene che senza una vittoria piena contro la devastazione pandemica il Covid continuerebbe ad annidarsi, modificarsi e tornare pericoloso. Quindi bisogna affrettare questa delicata fase di vaccinazione.

I Paesi del G20, Ue e organizzazioni internazionali, toccano per la prima volta in modo concreto il problema del governo mondiale della cura per la salute. Si dovrà per forza affrontare la questione di una vasta organizzazione sanitaria del mondo che non potrà continuare ad essere l’Organizzazione Mondiale della Sanità le cui pallide manifestazioni di intenti ben poco hanno inciso in questa fase. IL problema però in questo tipo di riunioni consiste nel superare l’evanescenza per impegnare ciascuno a un progetto concreto.

Ma i problemi si creeranno non solo e non tanto sui limiti di strutture e sulle iniquità presenti nel pianeta Terra. Bensì sui problemi della camera di regia. Molti dovranno fare un passo indietro sulle loro prerogative tecnologiche per metterle a disposizione degli altri. Sarà sufficiente il monito che mai come per il problema della salute siamo veramente in un villaggio globale? Dove lo scatenarsi di un tipo di patologia in un luogo può diffondersi rapidamente altrove? Dove il know how circa il trattamento di metodiche sanitarie e protocolli deve essere immediatamente messo a disposizione?

La fede nella salvezza della nostra specie deve costruirsi su basi solide. E speriamo che questa di oggi ne sia l’inizio.

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