Ci lascia il fondatore di Emergency

Il medico aveva 73 anni, era una voce mai allineata, a cominciare dal suo impegno per il valore universale della vita per la pace

Gino Strada ha lavorato concretamente per valori universali come la pace e la vita eppure è stato fortemente divisivo

 

Bisognerebbe scrivere semplicemente: è morto un grande italiano. Un uomo di cui se ne elogeranno le gesta negli anni a venire. Eppure in vita Gino Strada non è stato amato. Semplicemente eroico il suo impegno come medico operativo negli scenari di guerra. Assolutamente incondizionato il suo lavoro contro la guerra, contro ogni guerra, a pura difesa dell’umano. Nondimeno la sua figura non ha conosciuto quella valorizzazione universale che ci si aspettava. Questo si spiega con le sue posizioni sempre eterodosse. Gino Guerra su ogni fatto non parlava per sostenere di alcuno. Come si dice in gergo, non era mai a favore di camera, sempre sfilato da posizioni riconducibili a ideologie riconoscibili.

In un dibattito televisivo l’economista americano Edward Luttwak, disse di lui che “invece di essere un promotore di pace con la sua associazione Emergency faceva aumentare i tempi di una guerra, perché un popolo che riusciva a resistere con il suo sforzo di assistenza medica, portava a far durare gli scontri armati in tempi ancora più lunghi, prima di arrendersi”.

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Solo per dire che il suo impegno per il valore della vita, contro la morte, non riusciva ad essere riconosciuto come valore universale.

Ma Gino Strada è stata una persona unica per il suo grande lavoro. Unica la sua dedizione assoluta, illuminante il suo esempio per altre associazioni umanitariste.

Era nato a Sesto San Giovanni nel 1948. Nel ’94 ha fondato con la moglie Emergency nel 1994. Con Emergency ha dato assistenza medica gratuita a sei milioni di persone in sedici paesi del mondo, in particolare alle vittime delle mine anti-uomo.

Laureato in Medicina e Chirurgia nel ’78, si è fatto apprezzare in tutto il mondo come chirurgo di guerra per il Comitato internazionale della Croce Rossa si era specificamente impegnato in Afghanistan e Somalia.

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La sua specializzazione era in Chirurgia d’Urgenza ma si era specializzato nella tecnica dei trapianti. Nell’88 concentra la sua attività nella traumatologia da guerra. Dall’89 al ‘94 è con la Croce Rossa in Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia ed Erzegovina.

I suoi interventi sulle piccolezze del mondo civile erano sempre un monito a non considerare il proprio stato di cose come risultato di un merito. La guerra arriva come una malattia e bisogna lavorare per tenerla lontana.

 

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