La stanza degli schiavi e le analogie con Tivoli

Le pareti sono state realizzate con la tecnica dell’opus reticulatum presente anche nell’antica Tibur

Sono passate poche settimane da quando è stato scoperto nel Mediterraneo un carico antico diretto verso la Magna Grecia e adesso giunge da un lontano passato una stanza abitata dagli schiavi rinvenuta alle porte di Pompei. Emerge una parte di quel mondo che spesso resta nascosto. Con la tecnica dei calchi inventata da Giuseppe Fiorelli nell’Ottocento, sono stati portati alla luce letti e altri oggetti in materiali deperibili, che consentono di acquisire interessanti notizie sulle condizioni abitative e di vita degli schiavi nel mondo romano. Nella stanza sono state trovate tre brandine in legno, disposte a ferro di cavallo: hanno misure diverse, la più piccola, non più lunga di un metro e quaranta, probabilmente destinata ad un bambino. Niente materassi, solo una pezza di tessuto stesa su una rete di corde che il calco in gesso ha fatto ritornare alla luce con sconcertante accuratezza. Le pareti sono state realizzate con la tecnica dell’opus reticulatum presente anche nell’antica Tibur come all’interno della cartiera Graziosi in via degli Stabilimenti e anche in via San Michele visibile nel ninfeo romano.

LEGGI ANCHE  MONTEROTONDO - Elezioni, l’estrema Sinistra sostiene Paolo Maria Zavagni Sindaco

FGI

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.