“Non è colpa della nazionalità, ma dell’alcol e di un contesto tossico che si è creato negli anni in piazza Codro Benedetti”.
A otto giorni dal funerale, a parlare in un’intervista esclusiva al quotidiano on line della Città del Nordest Tiburno.Tv è Adele Castellaccio, 43 anni, sorella maggiore di Alessandro Castellaccio, il 40enne di Tivoli massacrato a calci in faccia domenica 18 giugno e deceduto dopo una settimana di agonia al policlinico “Umberto I” di Roma (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).
Alessandro Castellaccio, il 40enne di Tivoli massacrato a calci in faccia in piazza Codro Benedetti
Adele è mamma di due bambini e vive in Marocco dove lavora come consulente di sviluppo commerciale.
Adele Castellaccio il giorno del suo matrimonio il 20 ottobre 2010 insieme al fratello Alessandro
Sul suo profilo Facebook posta e riposta le foto insieme al fratello Alessandro nelle tappe più importanti della sua vita, dal matrimonio presso il comune di Tivoli il 20 ottobre 2010 alla laurea in Giurisprudenza nel 2016.
Alessandro insieme ad Adele e ai suoi due figli nel 2016 il giorno della Laurea in Giurisprudenza
“L’unico giorno in cui Alessandro ha pianto”, inizia a raccontare Adele parlando del fratello chiamato “Sceriffo”, soprannome ereditato dal nonno materno, Aristide Cola, il papà di mamma Daniela, fatto prigioniero in Libia durante la seconda guerra mondiale, emigrato per diversi anni in America prima di tornare a Tivoli dove fu ribattezzato appunto “Sceriffo”.
In questa lunga intervista a 24 ore dalla sentenza dell’omicidio di Willy Montero, Adele non fa riferimento alcuno alla sconto di pena per i fratelli Bianchi che hanno colpito senza pietà il ragazzo di Colleferro quando era esanime a terra, proprio come è accaduto ad Alessandro Castellaccio massacrato da Ion Voicu e Mircea Nasaf, i due romeni detenuti in carcere per omicidio volontario.
Adele racconta con toni amorevoli di quel fratello non perfetto ma dal cuore buono, pochi esami alla laurea per diventare infermiere alla Scuola di Palazzo Cianti a Tivoli, da poco più di un anno operatore socio-sanitario in una clinica della zona, da tre anni innamorato di Sonia, la donna testimone del massacro di piazza Codro Benedetti che gli ha dedicato un brano struggente durante il funerale di Alessandro giovedì scorso (CLICCA E GUARDA IL VIDEO DI TIBURNO).
Da sinistra Alessandro Castellaccio insieme a mamma Daniela Cola e la sorella maggiore Adele
Gli amici e la comunità tiburtina si sono stretti intorno al vostro lutto per la morte di Alessandro in una partecipazione non rituale, davvero sentita, quasi d’altri tempi.
Cosa ha rappresentato per lei, per mamma Daniela, per la compagna Sonia?
Il calore, il supporto e l’affetto sincero degli amici e di tutta la comunità tiburtina sono stati essenziali per affrontare le fasi terrificanti ed estremamente dolorose che ci siamo ritrovati, di colpo, a dover vivere e affrontare.
La scomparsa di Alessandro ha lasciato sconcerto e un vuoto immenso, non solo in chi lo conosceva bene e lo amava profondamente, ma anche in tutta quella parte della popolazione che si è sentita colpita da questo drammatico evento.
La maniera nella quale Alessandro ha perso la vita è inaccettabile, per chiunque, soprattutto perché quello che è successo a lui sarebbe potuto accadere…a chiunque.
Riguardo gli amici, non so se avremo mai abbastanza parole per ringraziarli di quello che hanno fatto e continuano a fare. La loro presenza, il loro supporto e sostegno sono stati la luce che ci ha dato la forza di andare avanti per affrontare questa terribile prova.
Alessandro Castellaccio insieme alla compagna Sonia
Durante l’omaggio ad Alessandro in piazza Codro Benedetti, Sonia ha trovato la forza di dedicargli un brano pieno di amore che ha emozionato e impressionato centinaia di migliaia di persone che hanno visto il video di Tiburno.Tv più e più volte.
Quanto confortano le parole?
Le parole purtroppo non confortano, nulla può alleviare tanto dolore, ma aiutano ad esprimere quello che stiamo provando e vivendo. E la musica, tanto amata da Alessandro e grande passione di Sonia, è un mezzo per ricordarlo ma soprattutto per esternare quello che probabilmente, la semplice parola, non può descrivere.
Il funerale di Alessandro è stato segnato dall’assenza delle istituzioni pubbliche, a partire dall’amministrazione comunale fino alla Diocesi, come se questo omicidio non le riguardasse.
Adele, lei che idea si è fatta?
Nei giorni successivi all’accaduto, abbiamo ricevuto messaggi e supporto da alcuni esponenti dell’amministrazione comunale, in particolare dall’Assessore Dottoressa Maria Luisa Cappelli, che ringraziamo sinceramente, e il Consigliere Giorgio Ricci, che aveva proposto per il giorno del funerale, una giornata di lutto cittadino.
A livello parrocchiale, mi sento di ringraziare Don Fabrizio per aver preso il tempo di rendere visita a mia madre, prima del funerale, e di discutere lungamente con lei di quanto accaduto e del suo stato d’animo.
Per il resto, e in contrasto con il sentire collettivo, abbiamo effettivamente percepito pesantemente il silenzio dell’amministrazione comunale e della Diocesi nel giorno del saluto ad Alessandro.
Un silenzio assordante che però c’era anche prima, mentre la situazione del quartiere degenerava e rendeva la vita difficile a chi, in quella strada, ci vive.
Ora, più che parole da parte dell’amministrazione, confidiamo in una seria presa di coscienza e ad azioni che abbiano come scopo quello di riportare sicurezza nelle nostre strade, affinché eventi come questi non si riproducano più.
Avete ricevuto messaggi da parte di rappresentanti della comunità romena di Tivoli?
Alcuni cittadini romeni, spontaneamente, hanno espresso solidarietà e dolore per quanto accaduto e si sono dissociati dal comportamento mostruoso tenuto dai loro connazionali.
Ci tengo però a precisare che penso che la nazionalità abbia poco a che fare con l’omicidio di Alessandro. L’abuso di alcool, l’inciviltà di alcune persone, il non rispetto di regole di buona convivenza e la mancanza di controlli, hanno portato a questa situazione, degenerata poi tragicamente quel pomeriggio del 18 giugno.
Era il contesto generale, nel quale convivevano più culture, che era invivibile già da tempo, per gli italiani ma anche per i cittadini di altre nazionalità che erano obbligati a sopportare una situazione al limite del intollerabile.
Alessandro Castellaccio in sella alla moto, la sua grande passione
Chi era suo fratello, Alessandro Castellaccio?
Che ragazzo è stato e che uomo era oggi?
Quali erano i suoi sogni e i suoi progetti di vita?
L’amore per Sonia e per il figlio della compagna.
Alessandro, era un giovane uomo con tante passioni, sogni e progetti. Adorava gli animali, le moto, il mare. Alessandro era un figlio e fratello premuroso e affettuoso, un amico sincero e leale. Chi lo ha conosciuto sa che si poteva sempre contare su di lui, non solo nei momenti belli ma soprattutto nelle difficoltà.
Lui c’era per gli altri… sempre. Aiutava senza voler nulla in cambio, ma solo perché sentiva di poter essere utile.
Non era perfetto, come nessuno, ma aveva un cuore buono e sincero. Aveva tanti desideri che voleva realizzare, sia lavorativamente ma anche con la sua compagna e quel bambino che amava e di cui amava prendersi cura.
Alessandro Castellaccio lavorava come operatore socio-sanitario in una clinica della zona di Tivoli
Lavorava come operatore socio sanitario e stava progettando di creare una famiglia, quella che aveva sempre desiderato ma mai avuto, con Sonia e suo figlio. Alessandro, come me, ha avuto un’infanzia difficile, seppur circondati dall’amore della nostra famiglia.
Da bambini eravamo molto legati, eravamo di supporto uno con l’altro. Poi, crescendo, la vita ci ha spinto a prendere due percorsi diversi, io ho deciso di emigrare a 23 anni, lui ha deciso di restare a Tivoli. Ho provato innumerevoli volte a convincerlo a trasferirsi all’estero con me ma il suo senso di responsabilità verso la famiglia gli ha sempre impedito di fare questo passo, anche se negli ultimi messaggi, oltre a parlarmi di vari progetti che aveva in mente, mi aveva chiesto di aiutarlo a trasferirsi in Spagna, per essere più vicino a me e ai suoi nipoti.
Purtroppo non c’è stato il tempo.
Alessandro e il grande amore per gli animali
Torniamo a quella domenica pomeriggio 18 giugno in piazza Codro Benedetti.
Alessandro difende, forse in maniera eccessiva come può capitare a molti, un suo diritto ma subisce una reazione disumana.
Lei ha cercato una spiegazione a tanto accanimento?
Non esiste una ragione a tanto accanimento, nessuna. Erano anni che queste persone convivevano nello stesso quartiere e condividevano quella stessa Piazza, erano anni però che la situazione era divenuta ingestibile.
Purtroppo si era creato un contesto tossico, legato a chi frequentava quel bar, conosciuto da tutti i residenti.
Risse, atti osceni, disturbo della quiete pubblica erano all’ordine del giorno e questo era soprattutto dovuto alla forte consumazione di alcool e alla mancanza di controlli, sia da parte del gestore del bar, che dalle forze dell’ordine, passando per l’amministrazione comunale.
Non ero presente quel giorno ma quello che è certo è che la reazione di Alessandro non è stata dettata da una situazione improvvisa ma da un contesto che stava esasperando da anni l’intera popolazione lì residente.
Una frase che mi ha molto colpito durante l’omelia di Don Fabrizio è stata quella che incitava la comunità a “costruire giardini e non giungle”. Questa situazione ha messo però in evidenza che ci sono strade, quartieri, della nostra città, che assomigliano già ad una giungla, dove chi ci vive, subisce comportamenti intollerabili e incivili, senza nessuna tutela.
Penso che tutti aspirino a tornare a vivere in un giardino, curato e confortevole, dove si possa vivere e convivere in armonia, senza la paura di farsi uccidere brutalmente, solo per aver chiesto un minimo di rispetto.
Alessandro Castellaccio il giorno del matrimonio della sorella Adele
Come avete vissuto emotivamente questa tragedia?
Ho cercato più volte di descrivere quello che sto/stiamo provando, ma invano. Quello che stiamo vivendo è totalmente devastante e straziante. La morte è sempre una prova difficile per chi resta, ma il senso di ingiustizia che avvolge questa situazione, non ci dà pace.
Questo fatto ha marcato in maniera indelebile le nostre vite, ci siamo sentiti strappare ingiustamente una parte di noi, in maniera estremamente violenta, per motivi assolutamente futili.
Alessandro non c’è più e la sua assenza diviene, giorno dopo giorno, sempre più concreta ma difficile da elaborare.
Un’immagine di Alessandro Castellaccio bambino con la sua bicicletta
Oggi il dolore è lacerante e c’è tanta rabbia. Cosa vi aspettate dalla giustizia?
Ci aspettiamo un processo giusto ed in tempi ragionevoli che punisca severamente i colpevoli di questa morte disumana e ingiusta.
Niente e nessuno ci riporterà indietro Alessandro, i suoi sorrisi e i suoi sguardi pieni d’affetto, ma sapere che gli autori di questo omicidio siano assicurati alla giustizia e non possano più nuocere ad altre persone, sarebbe almeno un piccolo sollievo in questo immenso dolore.