Ogni mese dalla retribuzione mensile si ritrovano decurtati trenta minuti di lavoro effettivamente prestato in reparto.
Va avanti così da quasi 8 anni per gli operatori sanitari della Asl Roma 5 di Tivoli che applica in maniera sistematica tagli al salario per ogni giorno lavorativo di ciascun dipendente che ecceda l’orario di 8 ore 30.
Per questo ieri, lunedì 30 settembre, l’Avvocato David Conti ha presentato una diffida nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale per conto del Segretario territoriale CISL FP Dimitri Cecchinelli.
Con l’atto, indirizzato ai vertici della Roma 5, il sindacalista richiede la convocazione delle RSU per la definizione della controversia e al tempo stesso diffida la Asl ad interrompere la decurtazione provvedendo contestualmente al ricalcolo e alla restituzione delle somme non versate.
Dalla diffida emerge che Cecchinelli ha più volte richiesto spiegazioni della decurtazione all’Asl la quale avrebbe sempre attribuito il taglio sugli stipendi dei dipendenti ai 30 minuti di pausa e alla relativa attribuzione del buono pasto giornaliero.
Una “nebulosa e generica giustificazione” che secondo l’avvocato Conti non trova fondamento alcuno nella previsione contrattuale. Stando alla prospettazione del Segretario territoriale Cisl, circa 1.500 operatori sanitari degli ospedali della ASL Roma 5 – tutti privi della sala mensa, ndr – svolgono turni anche di 12 ore senza interruzioni né la possibilità di assentarsi per godere della pausa contrattuale a causa della carenza di personale.
“Da quanto ci risulta – spiega l’avvocato David Conti – il buono pasto viene concesso da questa Asl ai lavoratori che siano in turno per almeno 8 ore e 30, ovviamente tale erogazione dovrebbe invece avvenire, come peraltro avviene in numerose ASL alla sesta ora di servizio, soprattutto considerando l’enorme sforzo che il personale tutto compie quotidianamente in regime restrittivo e nella missione che essi compiono al fine di garantire continuità e minimo assistenziale.
Peraltro anche sull’erogazione del buono pasto, che ovviamente non può giustificare la decurtazione di 30 minuti di servizio dalla retribuzione da parte datoriale è intervenuta la suprema corte, la quale ha stabilito: “il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore (Cassazione n. 31137/2019)”.
Insomma, a parere del Segretario territoriale CISL FP Dimitri Cecchinelli la Asl non può decurtare la “mezza ora” solo ipotizzando un’assenza del dipendente dal reparto e senza tenere in considerazione l’effettività della presenza in turno e la fondamentale circostanza che gli operatori non smettano di lavorare, come peraltro dimostrabile dal registro entrate uscite.