MENTANA – Il cantautore Simone Minotti si racconta: una vita tra note e parole

“La musica mi ha dato una grande mano e vorrei che possa aiutare anche tanti altri”

In un tempo in cui nulla sembra poter esistere al di fuori delle grandi metropoli globalizzate, la provincia non solo si riscatta in quanto luogo di redenzione dalla frenesia urbana, ma anche come terreno fertile in cui il seme del gesto artistico può tornare a germogliare.
Simone Minotti, classe ’74, ne è la dimostrazione. Una vita dedicata alla famiglia e al lavoro con un comun denominatore: la musica. Tiburno.tv lo ha raggiunto e gli ha chiesto di raccontarsi a cuore aperto.
Chi è Simone Minotti?
Nasco nella periferia di Roma quasi 50 anni fa da una famiglia semplice, papà operaio e mamma casalinga. 
Ho una sorella più grande di me di quattro anni, che ritengo essere tra le più grandi fortune che la vita poteva donarmi. Lei, insieme a mio cognato (un fratello acquisito), mi hanno regalato tre splendide nipoti che adoro alla follia.
La vita, dopo un’adolescenza ricca di esperienze, belle e meno belle, mi ha dato l’opportunità di incontrare Sandra, mia moglie da quasi 25 anni. 
Un’anima diversa dalla mia, un’anima più volte ferita, ma che proprio dal dolore si è fatta forte e ha trasferito a me la sua forza. 
Se adesso sono l’uomo che sono, in gran parte, è per merito suo. Sandra, poi, mi ha dato la cosa più preziosa che ho, mia figlia Irene. 
Ecco, lei è la mia vita, il mio orgoglio, è “la parte migliore” di me (espressione che è divenuta il titolo della canzone scritta per i suoi 18 anni)“.
Dove ti ha portato il tuo cammino prima di approdare alla musica?
Sono diplomato come perito elettronico, e dopo la leva militare ho iniziato a lavorare dapprima come tecnico di macchine per le pulizie e poi, grazie all’intuizione di un mio ex titolare, come agente di commercio. 
In quel momento avrei già dovuto capire che la mia empatia e la mia propensione alla chiacchiera mi avrebbero prima o poi avvicinato alla passione che nel frattempo covava in me“.
Quando hai sentito la vocazione artistica?
La vocazione, anche se la ritengo ancora una forte passione non definita, l’ho sentita per la prima volta nella stanzetta della mia prima casa di Centocelle, dove insieme a mia sorella registravamo sui vecchi registratori le nostre voci cantandoci sopra le nostre canzoni preferite. 
Vi ricordate il pulsante rosso spinto insieme al play? 
Ma la vocazione vera e propria è arrivata quando ho deciso di fare la serenata a mia moglie. In quell’occasione uno degli invitati mi disse: ‘Hai fatto un capolavoro, sei un vero showman!’. 
Da lì non mi sono più fermato: ho studiato canto per 5 anni e ho iniziato a fare serate per amici e parenti a costo zero. 
In un secondo momento ho incominciato ad organizzare eventi retribuiti, ma senza mai esagerare. D’altronde il mio primo lavoro non mi permetteva di dedicare troppe ore alla musica. Forse, questione che mi pongo ancora oggi, questa doppia attività mi andava e mi va bene così”.
Quali sono i valori che orientano la tua esistenza?
In primis il rispetto e l’educazione. Poi sicuramente l’altruismo, anche se ogni tanto mi chiedo se non sia la mia egoistica voglia di star bene a spingermi verso gli altri. 
Non amo, però, chi sa solo prendere ignorando la riconoscenza. Una pacca sulle spalle o un semplice grazie per me vale molto, a volte anche di più di un compenso economico. 
Altro valore non meno importante è l’amore, ma l’amore inteso come amore disinteressato e non necessariamente reciproco. Non che mi dispiaccia essere amato, però mi rendo conto di essere più felice nel dare amore che nel riceverlo“.
Come coniughi la passione per la musica al tuo lavoro e ai tuoi doveri?
Sicuramente al primo posto c’è e ci sarà sempre la mia famiglia, a cui cerco di non far mai mancare nulla sia in termini affettivi che economici. Adoro il mio lavoro, anche se dopo la pandemia è cambiato drasticamente: si passa molto più tempo a casa-ufficio e tutto procede ad una velocità assurda.
Questo, però, ha fatto sì che la mia passione potesse trovare più spazio nella mia vita. Spesso le due attività si mescolano, tanto che a volte rischio di cantare l’ordine di qualche cliente!
Devo ammettere che se tornassi indietro sceglierei sicuramente la strada dello studio musicale. Amo cantare, ballare ed essere ‘showman’, ma sto scoprendo che scrivere canzoni per me e per gli altri è ciò che mi piace di più“.
Un’altra tua grande passione è il calcio: è capitato che incontrasse la musica?
Ecco, quella per il calcio è l’unica passione che può contrastare l’amore per la musica. 
Sono tifoso e non poco. 
Ho giocato a pallone per molti anni, senza però raggiungere grandi obiettivi a causa di alcuni problemini fisici. 
E sì, tornando a noi, qualche anno fa è capitato che questa passione incontrasse quella per la musica: nel mio primo album, infatti, è contenuta una canzone che si intitola ‘Non è finita’. 
La scrissi subito dopo che la mia squadra del cuore perse una semifinale di coppa. Ero talmente arrabbiato che la buttai giù in mezz’ora. Molti hanno interpretato la canzone come il racconto di una storia d’amore in crisi: d’altronde una delusione è una delusione, da qualunque punto di vista la si vede“.

Cosa ti spinge a scrivere una canzone?
Non lo so sinceramente. Tutto è iniziato a Natale del 2013 quando scrissi ‘La nostra luna’, la mia prima canzone, un brano che racconta una storia d’amore che tutti vorrebbero vivere. Sono convinto, come ho scritto lì, che “solo dal dolore nasce quello che chiamiamo amore”.
Da quel momento in avanti la scrittura e la produzione musicale hanno preso il sopravvento. Corsi su corsi e lunghe nottate a studiare mi hanno portato dove sono oggi, con due album autoprodotti in economia e semplicità e qualche singolo ancora chiuso nel cassetto. La spinta per scrivere me la dà la mia sensibilità, il mio voler far sentire in primis a me stesso e poi agli altri tutto ciò che ho dentro, il mio voler in qualche modo aiutare le persone a credere nei sogni e a fare ciò che il cuore ci spinge a fare. Scrivo di vita vissuta, in gran parte della mia, e sto studiando ancora per migliorarmi, perché non si finisce mai di imparare”.

Quante pubblicazioni hai all’attivo?
Ho pubblicato due album, La nostra luna nel 2015, e Interruttore a tempo nel 2023. In quest’ultimo ho cercato di concentrarmi sulle laceranti contraddizioni che vive l’uomo contemporaneo e sulle sfide che deve affrontare, con qualche venatura autobiografica. 
Poi c’è anche un singolo, La parte migliore, che come ho detto prima è dedicata a mia figlia“.

Cosa hai in mente per il futuro prossimo?
Non saprei… Da qualche anno penso solo ed esclusivamente a dedicarmi al presente. 
Bisogna godersi ogni singolo attimo della vita, viverlo intensamente, con amore e passione. 
Di sicuro continuerò con il mio primo lavoro e soprattutto continuerò nello studio musicale. 
Mi piacerebbe imparare a suonare meglio la chitarra, studiare un po’ di pianoforte, approfondire la produzione musicale e l’arrangiamento. Inoltre mi piacerebbe collaborare con giovani o anche con persone della mia stessa età (perché per la musica non si è mai vecchi) che amano la musica come la amo io e che la sentono come la sento io. 
Infine, per il mio cinquantesimo compleanno, ho in programma un concerto nella mia Centocelle. Un esordio che sto preparando con entusiasmo da qualche mese con un motto ben preciso ad animarmi: ‘Prima studia e impara, poi affermati ed infine restituisci”. La musica mi ha dato una grande mano e vorrei che possa aiutare anche tanti altri, perché la musica è una cura per l’anima“.
(Federico Laudizi)
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