TIVOLI – “Le ore di scuola non sono troppe”: il preside dell’Istituto “Fermi” risponde agli studenti

Intervista al Dirigente scolastico Carmine Gallo

“Ho stigmatizzato questa forma di protesta perché i ragazzi non si sono prima confrontati ufficialmente con me.

Tuttavia la giornata odierna è servita a dimostrare una piena disponibilità a ragionare insieme agli studenti e alle famiglie sul problema dell’orario scolastico”.

Carmine Gallo è il preside del neonato Istituto “Fermi-Olivieri” di Tivoli e stamane, lunedì 22 settembre, è stato oggetto di cori e fischi da parte degli alunni di via Acquaregna in protesta contro il nuovo orario in vigore dalla prossima settimana (CLICCA E LEGGI L’ARTICOLO DI TIBURNO).

La protesta degli studenti davanti all’ingresso dell’istituto “Enrico Fermi” di via Acquaregna a Tivoli

Per il preside Gallo è stata una giornata campale. Prima il confronto con gli studenti davanti all’ingresso alla presenza della Polizia.

Alle 12 la mancata riunione convocata da sabato scorso per spiegare ai futuri geometri, ragionieri e programmatori le motivazioni del nuovo orario.

Motivazioni espresse alle 14,30 nell’incontro coi rappresentanti dei genitori delle casse seconde, terze, quarte e quinte.

Alle 16,30 l’incontro con mamme e papà degli alunni iscritti al primo anno di studi.

Il Dirigente scolastico Carmine Gallo

“Riunioni fiume per spiegare alle famiglie le condizioni di legge che impongono un orario non più così ridotto come quello a cui erano abituati negli anni precedenti”, esordisce il Dirigente Scolastico ai microfoni del quotidiano on line Tiburno.Tv.

Preside, cominciamo dall’inizio: stamane ha chiamato la Polizia.

“Lo schieramento di protesta sembrava dovesse trasformarsi in occupazione, avevo avuto qualche sentore precedente e mi sono organizzato con le forze dell’ordine che ci hanno supportato.

In questo modo abbiamo scongiurato che i ragazzi si compromettessero in azioni che li esporrebbero a rischi di responsabilità penali e amministrative”.

Preside, gli studenti sostengono di protestare contro il nuovo orario scolastico: secondo loro, significa 30 minuti / 1 ora in più a scuola ogni giorno.

“Significa semmai una restituzione solo parziale alla legittimità della organizzazione del funzionamento scolastico, così come previsto dalla legge. Tant’è che la legge prevede che gli istituti tecnici esplitino il servizio per 32 ore settimanali da 60 minuti l’una. La riduzione oraria è prevista dalla legge solo per causa di forza maggiore.

O meglio, la riduzione oraria per cause di forza maggiore non comporta recupero da parte del personale scolastico e neanche da parte degli studenti”.

Può spiegarsi meglio?

“Se l’ora è da 60 minuti e lei fa una lezione da 10 minuti in meno, quei 10 minuti li devono recuperare sia i docenti che gli studenti. Se non è dovuto a causa di forza maggiore”.

E in caso di causa di forza maggiore?

“In una condizione come quella di Tivoli dove c’è molto pendolarismo, è compatibile una riduzione minima di 15 minuti quando gli studenti fanno 7 ore e di 10 minuti quando ne fanno 6 ore.

Il Regolamento sull’Autonomia scolastica, normato dal Dpr 275 del ‘99, ci consente di esercitare la nostra autonomia organizzativa didattica riducendo ulteriormente le ore di lezione fino a quando vogliamo.

Ma la riduzione che non è dovuta a causa di forza maggiore, comporta il recupero sia da parte del personale e sia da parte degli studenti.

I docenti hanno deliberato all’unanimità l’allineamento alla normativa dell’orario di funzionamento della scuola e soprattutto della durata delle lezioni.

E alla richiesta se volevano ridurre ulteriormente con obbligo di recupero gli stessi docenti hanno detto di no anche in previsione del rifiuto da parte dei ragazzi.

I ragazzi non vogliono recuperare e dunque io non posso prevedere una riduzione che poi non è supportata da causa di forza maggiore”.

Se ho capito bene, la causa di forza maggiore per una riduzione ulteriore dell’orario di lezione è l’assenza delle linee di trasporto locale compatibili.

“Esatto.

Ma dall’analisi che abbiamo fatto le linee ci sono pressoché generalizzate, in realtà alcune linee sono troppo vicine all’uscita e quindi abbiamo ridotto un po’.

Quindi la riduzione stabilita come Collegio è dovuta a cause di forza maggiore: 10 minuti per la sesta ora, 15 minuti per la settimana ora”.

Quindi, sempre se ho capito bene, nell’uscita alle 14,45 è già calcolata la compatibilità dei mezzi pubblici?

“Esattamente”.

L’Istituto “Enrico Fermi” di via Acquaregna a Tivoli

I ragazzi dicono che i pendolari tornano a casa anche un’ora, un’ora e mezza dopo rispetto al solito.

Lei che ne pensa?

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“Il problema è che il solito non era corretto dal mio punto di vista. Io non discuto quello che c’era prima, perché io non devo dire cosa fosse legittimo prima, la legittimità la garantiva il mio collega che mi ha preceduto.

Se per il mio collega era legittimo farli uscire alle 14,20, quando invece i pullman c’erano, io faccio uscire i ragazzi alle 15 e i pullman ci sono alle 15,20. Sono assolutamente incompatibili.

Il problema è che i ragazzi non vogliono tornare più tardi a casa, ma se si è scelta di fare la settimana corta io non posso fare la giornata corta con la settimana corta.

La giornata corta si fa con la settimana a 6 giorni, sennò accorci la settimana, devi allungare per forza la giornata e sempre 32 ore devi fare nella settimana scolastica”.

Gli studenti sostengono che se tornano a casa alle 16 sono stanchi per fare i compiti e le altre attività.

“Tornare a casa alle 16 è un problema soggettivo.

Il problema della pubblica amministrazione è che è obbligata a espletare il servizio per il totale delle ore previste dall’ordinamento. Il totale delle ore io l’ho pure ridotto, considerando che dovessero prendere in tempo tutti i mezzi di trasporto previsti per la fine della giornata scolastica.

Poi qualcuno non ce la fa.

Allora quelli che hanno ulteriori problemi li gestisco individualmente con dei permessi individuali di uscita anticipata permanente. Ma un conto è gestire alcuni che non ce la fanno con gli orari stabiliti, un altro è gestire la totalità dell’utenza che non è nella condizione di dover necessariamente ridurre le ore di lezione perché i trasporti alla fine della giornata ci sono.

Se poi tornano a casa più tardi è una condizione soggettiva.

Se un ragazzo si lamenta perché mangia tardi lo capisco umanamente, ma dal punto di vista istituzionale la giornata scolastica deve essere costituita da 3 giorni da sei ore di 60 minuti con fine delle lezioni alle 14 e da due giorni da 7 ore e quindi dovrebbero finire alle 15.

Se l’orario scolastico è già ridotto non possono dire che io ho aumentato l’orario, io l’ho ridotto rispetto ai quadri ordinamentali”.

Preside, la richiesta dei ragazzi di ripristino dell’orario precedente (uscita alle 13:30 / 14:20) si può fare o no?

“Non si può nella misura e nella modalità che richiedono loro.

Una riduzione si può fare, ma in base a quanto vogliono ridurre poi devono recuperare.

Coi genitori abbiamo visto che non è una cosa così impossibile da realizzare”.

Preside, gli studenti contestano il divieto di uscire in cortile a ricreazione.

Come stanno le cose?

“L’ho spiegato ai ragazzi e ai genitori. Io devo avere un Regolamento che mette in ordine la sicurezza.

Dopodiché, se il docente autonomamente, in quanto responsabile della vigilanza sui suoi alunni, decide di portarli durante l’intervallo nel cortile della scuola può farlo. Io non vado a contestare il docente, salvo che lui non sorvegli i ragazzi e non li tuteli rispetto alla sicurezza.

Io devo essere certo che la sicurezza ai ragazzi venga garantita e un Regolamento che non prevede attentamente tutte le tutele di sicurezza mi espone a risponderne in prima persona.

Ai sensi dell’articolo 1048 del Codice civile, i docenti sono responsabili della vigilanza sugli alunni: se li vogliono portare in cortile durante la ricreazione si assumono la responsabilità che hanno e li portano dove ritengono. Io non mi oppongo, ma il Regolamento deve essere chiaro: io devo prevedere la condizione più tutelante possibile per l’incolumità dei ragazzi.

Perché quando c’è una promiscuità di 600-700 studenti che si muovono contestualmente nelle pertinenze della scuola il rischio che ci possa essere un qualche incidente è molto più alto di quando se ne muove solo qualcuno.

Il problema dei ragazzi che si lamentano con Tiburno è che non si sono resi disponibile al confronto.

Già sabato avevo fatto una convocazione dei gruppi di rappresentanti degli studenti e dei genitori, prima ancora che si organizzassero per protestare.

E già avevo informato i rappresentanti d’istituto che avrei voluto fare una riunione per confrontarci e spiegare le mie ragioni di questa richiesta di delibera che il Collegio docenti ha approvato all’unanimità. Invece loro stamattina, non so come mai, non si sono presentati”.

Preside, gli studenti dicono la stessa cosa di lei.

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Cito testuale il loro comunicato alla redazione di Tiburno.Tv: “Le decisioni sono state prese senza coinvolgere gli studenti, ignorando completamente le nostre esigenze”.

“Intanto io devo prima di tutto assicurare il diritto allo studio ai ragazzi e il dovere di espletare l’intero servizio per cui sono pagati i docenti.

Quindi se partiamo dalla legge, la legge dice che io devo obbligare i docenti a fare il loro servizio nelle ore per cui sono pagati e non una riduzione rispetto alle 32 ore.

L’anno scorso non facevano neppure 29 ore di lezione, quindi 3 ore a settimana di negazione del diritto allo studio. Finché lo guardiamo sempre a sottrarre, come fanno i ragazzi, ci sta pure bene.

Ma io da genitore potrei andare a scuola e dire: “Scusi Preside, come mai lei non garantisce l’espletamento del servizio per le ore previste dalla legge, cioè 32?”.

Le accuse di riduzione non le vedo perché fa comodo a tutti ridurre, ma io ho previsto comunque una riduzione in funzione di quelle che possono essree considerate cause di forza maggiore.

Se i pullman ci sono e il ragazzo vuole tornare prima non è un’esigenza negata perché non ci sono le condizooni di legge.

Tuttavia, potrei accordare le esigenze degli studenti a condizione che ci mettiamo d’accordo su come gestire il recupero. E’ soltanto questo il punto, non che io non voglio ascoltarli.

Poi mi possono dire che non sono andato classe per classe a spiegare? Io ho 150 docente che girano per le classi ogni giorno, non credo di dover andare io.

Non ho mai visto il Presidente del Consiglio andare casa per casa per l’Italia a spiegare le leggi”.

Preside, è vero che soltanto chi fa sport a livello olimpionico può ottenere permessi?

“Neanche questo è vero.

Io ho detto che chi può dimostrare di essere studente-atleta di alto livello può beneficiare di un Piano Formativo Personalizzato (PFP), ossia di un progetto ministeriale sperimentale esistente dal 2018 che prevede un trattamento particolare con interrogazioni e verifiche programmate”.

Preside, mi scusi: cosa si intende per alto livello?

“Significa atleta iscritto ad una società sportiva riconosciuta dal Coni e dalla Federazione come interesse nazionale o regionale. In quel caso proviamo a tutelarlo maggiormente, provando a fargli riconoscere dal Ministero la condizione di studente-atleta di alto livello”.

Non credo che tutte le scuole abbiano Francesco Totti tra gli studenti.

“Non hanno Totti. Posso dire che a Pistoia dirigevo una scuola simile all’istituto Fermi di Tivoli.

All’inizio non ce n’era nessuno e in pochi anni ho portato a 12, 13 ragazzi riconosciuti come studenti-atleti di alto livello. Questo è il progetto specifico di tutela.

Diverso è il caso di tutti i ragazzi che svolgono attività sportiva agonistica: come detta la norma, a loro riconosciamo la possibilità di richiedere l’uscita anticipata per recarsi agli allenamenti o alle gare con richiesta scritta e documentata attraverso i calendari.

Prendiamo ad esempio il caso di un ragazzo iscritto alla Tivoli Calcio che il venerdì ha gli allenamenti alle 15 ma l’orario di uscita da scuola è alle 14,45.

In tal caso è evidente che se mi chiede un quarto d’ora di uscita anticipata per mangiare un panino io gliela concedo: è una concessione in funzione delle esigenze di studente-atleta”.

Preside, come finirà il braccio di ferro con gli studenti?

“Resto aperto al confronto.

Tutte le riduzioni che vogliamo condividere le possiamo realizzare a condizione di prevedere una qualche forma di recupero. Se riduciamo solo un quarto d’ora delle due giornate lunghe, il totale fino al termine dell’anno è di circa 17 ore ossia tre giorni.

Quindi dovremo recuperare tre giorni. In questo caso o facciamo un rientro di sabato per tre volte, oppure stabiliamo i rientri pomeridiani. Oppure possiamo prevedere di rinunciare ai ponti che avevano stabilito col Consiglio d’Istituto.

Ora attendo un giorno o due per avere delle proposte o controproposte, la mia disponibilità è totale nel venire incontro alle esigenze delle famiglie e dei ragazzi.

Il recupero lo stabiliamo noi come lo vogliamo, però dobbiamo farlo”.

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