Monterotondo – Tubercolosi, l’avvocato della famiglia contagiata: “No caccia a untore. Servono controlli”

“No alla caccia all’untore”
Perché oltre alle colpe dei medici di base e di quelli ospedalieri del Sant’Andrea che non avrebbero fatto tutto quello che era in loro poter per scoprire la malattia, le colpe maggiori sarebbero proprio dello Stato. Di Andrea, però, ci tiene subito a chiarire: “Non deve esserci la caccia all’untore. Ci sono cittadini romeni che vivono da anni nel nostro paese e sono perfettamente integrati e sottoposti ai protocolli sanitari italiani. Così come tanti cittadini romeni hanno fatto i propri figli in Italia. Per tutti loro il discorso non vale”.

 

L’accusa al Ministero della Salute
Ma il Ministero, secondo l’avvocato, avrebbe dovuto anche mettere in campo tutte le misure per tutelare i cittadini da malattie persistenti come la tbc, a partire dall’ingresso nella Ue della Romania dal 1 gennaio 2007. Screening all’ingresso dei cittadini neo-comunitari, maggiori controlli e farmaci specifici.
Tra gli esempi citati da Di Andrea ce n’è uno recentissimo, che risale al giugno 2014 e riguarda la decisione dello Stato maggiore della Difesa di adottare profilassi anti-tbc per gli operatori della Marina militare dopo 8 casi di infezione del personale militare, a contatto con immigrati provenienti dall’Africa.
“A seguito dell’elevato aumento dal 2007 di contagio da Tbc trasmesso da cittadini romeni in danno di quelli italiani – spiega l’avvocato – il ministero ha verosimilmente omesso di assumere provvedimenti mirati a prevenire il contagio”.

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