“Dopo anni di lavoro, malgrado le possibilità che l’azienda ha per ricollocarci, ci lasciano in mezzo ad una strada, con delle proposte ridicole”, dice Vincenzo Fierro, dipendente della Basf dal 2002 -. Si sta togliendo anche l’opportunità per il futuro ad altrettanti lavoratori di zona”.
A far incrociare nuovamente le braccia ai lavoratori venerdì 13 novembre, giornata in cui gli operai hanno anche fatto un sit in di protesta di fronte all’ingresso della Basf, la trattativa in corso per i dipendenti che restano fuori dal piano industriale della multinazionale. “Abbiamo iniziato questo sciopero mercoledì per arrivare ancora più forti al tavolo di oggi – spiega Annicchiatrico Alessandro, Rsu Femca Cisl -. Quello che chiediamo è che una società come questa dia una risposta vera ai lavoratori, con la giusta ricollocazione lavorativa negli altri siti, che venga offerta una reale possibilità di impiego e, solo come ultima soluzione, un calcolo adeguato e giusto delle mensilità che spettano ad ogni lavoratore lasciato a casa”.
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Gli animi dei dipendenti si sono poi accesi quando l’incontro, previsto per le 10 di oggi, è saltato a causa dello sciopero. Per l’azienda questo “è stato un atto dovuto, visto che non c’erano le condizioni per portare avanti la trattative, con uno sciopero in corso”. Inoltre la Basf precisa che si tratta “di 45 esuberi, e che si sta lavorando affinché nessun lavoratore venga lasciato senza le tutele di cui ha diritto, con mobilità ed ammortizzatori sociali, ma anche attraverso il ‘ricollocamento attivo’ previsto dalla legge Fornero, verso aziende terze laddove ci siano i requisiti necessari.
Una condizione però che non convince i dipendenti. “Il pacchetto di esodo che ci hanno offerto, tra cui le sole 17 mensilità, lo riteniamo inaccettabile – spiega Maurizio Delfini, Rsu Filcten Cgil -. Chiediamo che venga predisposto un ulteriore tavolo e che ci venga garantito il lavoro, ma anche la dignità”.
Veronica Altimari