Impariamo a fare la tradizionale “Pittula” tiburtina

gennyPer valorizzarla, l’associazione tiburtina “Lu Tramvai”, che si occupa di promuovere iniziative per valorizzare il territorio e le tradizioni di Tivoli, ha organizzato negli ultimi due anni numerose iniziative, dalle dimostrazioni per i bambini in piazza Plebiscito, alle giornate “viette a ‘mparà a fa la Pittula” fino all’organizzazione della “Prima sagra della Pittula co lu stennerellu” che si è tenuta a Villa Adriana in occasione del settembre tiburtino e in collaborazione con altre associazioni locali. Lo scopo è chiaro, salvare questa tradizione, portarla nelle piazze e farla riscoprire agli abitanti, riportarla nei menù dei migliori ristoranti tiburtini. Ma soprattutto insegnarla ai bambini e ai giovani perché imparino a sentirsi legati alla propria terra. È un aspetto a cui Genny tiene tantissimo ed è per questo che da sempre coinvolge la figlia Mara nella preparazione: “salvare la Pittula significa anche riscoprire la gioia di cucinare nel giorno di festa e vedere tutta la famiglia riunita come si faceva una volta”, dice la nostra cuoca che, in compagnia del caro amico   Italo Nonne, anche lui membro dell’Associazione Lu Tramvai, ci svela tutti i segreti per preparare una Pittula perfetta..

 

LA RICETTA

 

ingredientiINGREDIENTI

        FARINA: possibilmente presa dal mulino o macinata a pietra, quindi di tipo 0 o 01

        UOVA: meglio se fresche o biologiche

La regola è 1 etto di farina e 1 uovo per ogni persona. Ma per avere un bel piatto “accimato” , cioè abbondante, Genny consiglia per 4 persone mezzo kg o 6 etti di farina (quindi 5 o 6 uova). Tutto dipende dagli ospiti, a casa sua per esempio, per 5 persone la dose è di 10 uova e 1 kg di farina.

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STRUMENTI: stennerellu, spianatora, cortellu, setaccia

 

PREPARAZIONE

Consiglio: la farina, specialmente la 01 o 0, va passata con il “setaccio” prima di utilizzarla. Il setaccio va agitato e fatto girare insieme, perché semplicemente agitandolo la crusca si concentra in un solo punto.

 

 

22 FASE: lavorare la pasta e amalgamare fino ad ottenere un impasto omogeneo. Lasciare riposare la Pittula per 15-20 minuti. Consiglio: prima di lasciarla riposare lucidate la Pittula con delle gocce di Olio extra Vergine d’Oliva, così rimarrà più elastica

 

 

 

 

33 FASE: stendere la pasta con lo stennerellu (mattarello), fino ad ottenere una sfoglia sottile. Lasciarla asciugare su una tovaglia pulita per 20 minuti. Consiglio: stare attenti ad evitare che la sfoglia si secchi troppo altrimenti potrebbe rompersi quando viene piegata nella fase successiva

 

 

 

 

44 FASE: molto delicatamente con le mani piegare la sfoglia arrotolandola. Spostarla di nuovo sulla spianatora e tagliare per ottenere la fettuccine. Consiglio : per tagliare usare un coltello alto, almeno 3 cm e eseguire un movimento molto veloce, non alzare mai la punta del coltello dal tavolo.

 

 

 

 

55 FASE: 1-2 minuti di cottura in acqua bollente già salata, condire con il sugo e servire calde. Il sugo tipico ideale per condire la pittula è il Ragu, ma Genny consiglia anche il semplice pomodoro e basilico. Altrimenti si può abbinare con un sugo a base di asparagi tiburtini o di funghi porcini, sfruttando due deliziosi prodotti locali. Consiglio : fate un bel piatto “accimato” cioè abbondante.

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CURIOSITA’ SULLA PITTULA:

curiosita sulla pittulaOrigini del nome Il termine deriva dal latino “Pitta” che indica la “palla di impasto” e poi si è trasformato andando ad assumere forme e significati diversi in tutta Italia. Per questo anche in Puglia esiste la “Pittula” che però indica un impasto fritto e non va confusa con la Pittula tiburtina, cioè l’impasto che si stende con lo “stennerello” per fare la pasta. La Pittula a Tivoli è quindi la sfoglia per la pasta fresca che può essere tagliata in molti modi, per fare cannelloni, cappelletti per natale, e ovviamente le più tipiche fettuccine.

Gnazzica culu- la pittula è chiamata anche “Gnazzica Culu” perché nel fare la sfoglia, le massaie che impastavano muovevano il bacino, “gnazzicavano” appunto, un movimento che attirava le attenzioni dei mariti e che ha ispirato addirittura una poesia di Angelo il padre di Genny intitolata “La Pittula e la voglia”

I matrimoni di una volta- la Pittula era un piatto che non poteva mancare nei matrimoni tiburtini: per cucinare fettuccine per tutti gli invitati si mettevano all’opera tutte le amiche e parenti della sposa e la pasta veniva condita direttamente sulla Spianatora.

Spittulata” (stesa) sul letto- anticamente la Pittula veniva fatta asciugare in un posto d’onore: poggiata su una tovaglia pulitissima sul letto matrimoniale della casa. Si trattava di un’eccezione unica perché il letto matrimoniale una volta rifatto doveva rimanere immacolato e non era permesso a nessuno poggiarvisi, nemmeno ai figli.

di Elena Giovannini

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