Anpci – Sventato un nuovo tentativo di ledere le autonomie locali

Questo tentativo, infatti, è stato sventato grazie all’impegno di molti parlamentari di opposizione, ma non sarà certamente l’ultimo;

L’Anpci esprime soddisfazione per lo stralcio dell’articolo 156 del disegno di legge di bilancio 2021 con il quale l’attuale maggioranza di Governo si proponeva di riportare la materia dalla competenza regionale a quella centrale dello Stato.

L’associazione nazionale dei piccoli Comuni sottolinea come lo stralcio, avvenuto in V^ commissione della Camera, abbia respinto l’ultimo (il terzo) degli attacchi in ordine di tempo da quando la materia era stata assegnata alle Regioni, con l’art. 11 – quater della Legge 11 febbraio 2019 n. 12.

Tale norma, che consente ai governi regionali di legiferare sulla materia, prevede che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche (impianti con potenza media nominale superiore a 3.000 kW), le opere di cui all’art. 25 del testo unico sulle acque, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775, passano, senza compenso, in proprietà delle Regioni, che, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse per un uso diverso dalle acque, possono assegnare le concessioni secondo i criteri dettati dal comma 1-bis del suddetto arti. 11 – quater.

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Sorprende come l’iniziativa sia stata presentata da un partito, il PD, che ha contribuito attivamente a tenere bloccato il comparto per oltre 10 anni (l’obbligo delle gare per l’assegnazione delle grandi derivazioni è stato introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2006), con la conseguenza che, in un regime di profonda incertezza, nessuno dei concessionari ha più fatto investimenti per l’ammodernamento di impianti realizzati, in alcuni casi, anche 100 anni fa.

Finalmente le Regioni e di conseguenza le istituzioni locali, potranno ricavare dall’applicazione della normativa importanti risorse, senza attendere (come avveniva in passato) gli eventuali trasferimenti da Roma.

Se poi si considera che questo in generale non è il primo atto con il quale questo Governo mira ad una maggiore centralizzazione, ciò impone di rimanere ancora più vigili.

Questo tentativo, infatti, è stato sventato grazie all’impegno di molti parlamentari di opposizione, ma non sarà certamente l’ultimo; non vogliamo pensare che le azioni del Governo, attraverso queste modifiche, mirino a favorire i concessionari, piuttosto preferiamo auspicare che la questione possa considerarsi chiusa e che le Regioni possano liberamente provvedere ognuna secondo le proprie leggi sulla materia.

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I canoni sono fondamentali e non sono regalie che i concessionari fanno ai territori per il loro buon cuore, bensì sono il dovuto per lo sfruttamento della risorsa idrica, compensazioni doverose quanto essenziali per aree marginali.

Con queste risorse le province, le aree montane, le Unioni e i comuni gestiscono servizi fondamentali; un’autonomia finanziaria locale che non può, e su questo Anpci sarà sempre pronta a dare battaglia, essere messa in discussione a favore di una centralizzazione che è quasi sempre foriera di tagli futuri e diminuzioni di trasferimenti, come da tempo oramai lo Stato ha abituato le sue istituzioni periferiche: dalle Regioni, attraverso le Province fino ai Comuni).

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