Si fa presto a dire “green”

Cosa rende un'azienda sostenibile: tre parametri con cui l'imprenditorialità italiana deve fare i conti

“Sostenibilità 2030”, un progetto che accetta le sfide

I parametri sono semplici anche perché il rischio è quello di perdersi nella complessità del panorama produttivo italiano. Per valutare se un’azienda rispetti o meno i criteri di sostenibilità, dobbiamo guardare ai suoi consumi, in particolare a quelli di plastica ed acqua. Ma un’impresa potrà dirsi effettivamente virtuosa in relazione alla (scarsa) emissione di anidride carbonica.

Chi si è fatto carico nel promuovere una cultura green fra i produttori italiani è l’associazione delle Industrie Beni di Consumo che riunisce più di 32mila imprese che generano un fatturato stimato in oltre 100 miliardi di euro con un peso consistente, circa il 24%, sul valore aggiunto industriale. L’associazione rappresenta un’ossatura fondamentale della produzione nazionale di qualità, dall’alimentare alle bevande, dai prodotti per la cura della casa e della persona, dall’abbigliamento al tessile per la casa.

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IBC si pone l’obiettivo di incentivare l’efficienza e l’efficacia delle industrie dei beni di consumo nelle relazioni con il mercato. Ma oggi l’obiettivo si è fatto più ambizioso attraverso il progetto “Sostenibilità 2030”. Si tratta di un piano volto a contribuire alla diffusione della cultura green e della rendicontazione ambientale tra le diverse aziende. La sfida lanciata dal presidente Draghi è stata accettata  dall’associazione,  in un momento storico per il nostro Paese grazie al paracadute europeo da 750 miliardi di euro che contribuirà a riparare i danni economici e sociali causati dal Covid.  Risorse che si aggiungeranno ai 1.100 miliardi del bilancio pluriennale Ue per un totale di oltre 1.850 miliardi. Una montagna di denaro per chi saprà cogliere le tre priorità poste dalla comunità internazionale: digitalizzazione, sviluppo del capitale umano e sostenibilità.

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