Troppi suicidi, i detenuti a Rebibbia rinunciano al Sopravvitto

Protesta per le condizioni invivibili in carcere: da lunedì niente spesa allo spaccio

Trentadue detenuti suicidi in carcere da gennaio ad aprile, numeri record che impongono una riflessione sul sistema penitenziario italiano.

Il grido d’allarme ora parte dal carcere di Rebibbia dove i detenuti annunciano in un comunicato che da lunedì 6 maggio rinunceranno al Servizio Spesa fino a tempo indeterminato.

Nel volantino recapitato da un familiare di un detenuto alla redazione del quotidiano on line della Città del Nordest Tiburno.Tv, i detenuti i motivi per cui hanno deciso di rinunciare per protesta al cosiddetto “Sopravvitto”, ossia alla possibilità di acquistare alimenti ed altri generi di conforto presso lo spaccio interno al penitenziario.

Si tratta di un servizio previsto dall’ordinamento penitenziario nazionale (l. n. 354/1975 ed il suo regolamento di esecuzione, il dpr n. 230/2000) che tutela il diritto del detenuto ad una alimentazione sana e sufficiente, adeguata all’età, allo stato di salute, alla stagione, al clima e, ove sia possibile, nel rispetto del credo religioso.

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Nel volantino i detenuti a Rebibbia evidenziano che finora sono rimasti inascoltati gli innumerevoli appelli giunti al Governo da più parti, in particolare quelli sull’impossibilità di eseguire una pena detentiva che rispetti i Diritti Umani così come stabilito dalla normativa internazionale (Articolo 3 Cedu) e dall’articolo 27 della Costituzione italiana.

Nelle motivazioni figurano inoltre “il gravissimo sovraffollamento carcerario che ad oggi tocca quasi il 200% in alcuni istituti penitenziari, arrivando a determinare la condivisione di 6 o più persone in una cella di pochi metri quadrati”.

“Continue violazioni igienico-sanitarie – prosegue il volantino – Servizi igienici e cucina nello stesso locale, mancanza di acqua calda, carenza di mobilio ad uso personale”.

I detenuti rammentano anche la “carenza di operatori penitenziari che li costringe a sottoporsi a turni massacranti”, e la “carenza di personale medico-sanitario (medici, infermieri, psicologi, psichiatri) che determina difficoltà a soddisfare le necessità della popolazione detenuta, così come stabilito dall’articolo 32 della Costituzione Italiana”.

L’ultima motivazione elencata dai detenuti all’origine della protesta è la “carenza di personale socio-giuridico (educatori, assistenti sociali, cancellieri, magistrati), tali da causare sostanziosi ritardi nelle fissazioni di udienze, concessione di misure alternative, liberazione anticipata e permessi premio”.

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