CASTEL MADAMA – Luca Scifoni e il sogno americano: la laurea negli USA

Lo studente 25enne di Castel Madama, dopo un periodo in Francia, ha ottenuto il titolo di laurea presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta

È Luca Scifoni, 25enne di Castel Madama, lo studente che si è laureato presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta, negli Stati Uniti, lo scorso 14 dicembre 2024. 

E proprio a Castel Madama, con papà Massimo, 60 anni, dipendente RAI, e mamma Paola, di 57, impiegato civile del Ministero dell’Interno, ha frequentato le scuole fino alle medie. 

Ha poi continuato gli studi presso il liceo scientifico Lazzaro Spallanzani di Tivoli e, negli ultimi due anni di triennale, Ingegneria Aerospaziale presso La Sapienza, si è spostato a Roma, per poi passare 5 mesi in Francia. 

 
 

L’occasione dell’America è arrivata quasi per caso, durante la sua iscrizione alla magistrale, grazie ad un bando che offriva il doppio titolo, italiano e americano. 

Appassionato di musica, sport e film, cerca il giusto compromesso tra studio e vita sociale, cercando di non trascurare gli amici conosciuti tra i banchi di scuola, e l’amore, che ormai dura da tanti anni, con la sua ragazza Silvia: con loro cerca di affrontare la distanza. 

Come è nato questo interesse per l’ingegneria aerospaziale? Ǫuando hai capito che era la tua strada?  

Fin da molto piccolo sono sempre stato appassionato alla scienza in generale e in particolare allo spazio, e devo ringraziare i miei genitori per aver sempre alimentato questo interesse. Mio padre, per esempio, appese un poster della Luna sopra il mio letto quando avevo forse 2-3 anni. Alla domanda “cosa vuoi fare da grande?” allora avrei risposto “l’astronauta”. D’altra parte, avevo anche un po’ una inclinazione “ingegneristica”, nel chiedermi sempre come funzionassero le cose e nel creare miei piccoli progetti. Ǫuesto lo devo in gran parte a mio nonno, che mi ha insegnato tanto fin da piccolo e mi ha sempre preso sul serio, aiutandomi a realizzare le mie idee.  

Crescendo, negli anni successivi in realtà avevo un po’ abbandonato quell’idea, ma quando ho dovuto scegliere l’università avevo fin troppe possibilità che mi piacevano e che avrei voluto perseguire. Nell’indecisione, fra tutte, ho scelto di provare realizzare quel sogno avuto da bambino.  

Come è arrivata la scelta dell’America?  

Più che una scelta pianificata, è stata un’opportunità che si è presentata durante il mio percorso di studi. Una volta conclusa la laurea triennale in ingegneria aerospaziale, mi sono iscritto al corso di laurea in ingegneria spaziale e astronautica. La Sapienza offriva un bando per la partecipazione ad un programma di doppio titolo con il Georgia Institute of Technology di Atlanta, negli Stati Uniti, che è al momento una delle università più prestigiose nell’ambito aerospaziale. Grazie a questo bando, che ho vinto, ho avuto l’opportunità seguire i due corsi di laurea contemporaneamente, con il riconoscimento di alcuni esami presso entrambe le università e conseguendo alla fine entrambe le lauree, con una tesi unica a cui ho lavorato negli USA.  

La tua famiglia cosa ha detto riguardo la tua partenza?  

Nonostante la tristezza nel vedermi partire e rimanere lontano per lungo tempo, tutti sono stati di grande supporto. Hanno compreso subito l’importanza di questa opportunità, e credo che in fondo si aspettassero che la ricerca di un lavoro in questo ambito mi avrebbe allontanato dall’Italia prima o poi, almeno per un certo periodo. Anche la mia ragazza mi ha sostenuto tantissimo, fin dal momento in cui si è presentata per la prima volta l’opportunità, non ce l’avrei fatta senza il suo supporto.  

Com’è stata questa esperienza?  

Dal punto di vista personale, è stata una grande prova. Affrontare un cambiamento così importante non è stato semplice, ma ho avuto la fortuna di non essere solo. Ho incontrato nuovi amici che hanno condiviso con me questo percorso e ho avuto l’opportunità di conoscere persone provenienti da culture diverse dalla nostra.  

Dal punto di vista accademico, è stata un’opportunità unica per concludere al meglio il mio percorso magistrale. Ho potuto condurre la ricerca per la mia tesi lavorando su un progetto finanziato dalla NASA, il che mi ha dato accesso a laboratori, strumenti e risorse che raramente si incontrano durante gli studi universitari in Italia. Per la prima volta, mi sono sentito davvero un ingegnere, immerso in un contesto professionale e stimolante.  

Tuttavia, è stata anche un’esperienza impegnativa. Il tempo a disposizione era limitato e le opportunità erano tante; quindi, ho cercato di sfruttare al massimo ogni momento. Inoltre, per sostenere i miei studi, ho lavorato come assistente nei corsi e come ricercatore all’interno dell’università, mentre frequentavo i corsi e mi dedicavo alla tesi.  

Hai incontrato delle difficoltà? Se sì, quali?  

Se devo essere onesto, la più grande difficoltà è stata accedere al programma di doppio titolo che poi mi ha portato in America. Dopo aver superato il bando, che era di per sé molto competitivo, per poter effettivamente essere ammesso al programma era necessario superare un certo numero di esami nel primo anno di laurea magistrale in Italia. Ǫuel periodo è stato piuttosto complicato: qualche esame non è andato come speravo, e la situazione di incertezza, con la conferma dell’ammissione arrivata solo a un mese dalla partenza, ha reso tutto più stressante. Nonostante queste difficoltà, con un po’ di impegno e qualche rinuncia, sono riuscito a raggiungere l’obiettivo.  

Anche adattarsi al sistema universitario americano non è stato semplice inizialmente, perché è molto diverso da quello italiano. Per fortuna, il programma di doppio titolo prevede un primo semestre nel campus europeo del Georgia Tech che si trova a Metz, in Francia. In questo modo è più semplice adattarsi al sistema rimanendo ancora in un contesto europeo.  

Che differenze hai riscontrato tra il sistema americano e quello italiano? Secondo te, quale è il migliore?  

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Parto col dire che non credo esista un sistema migliore dell’altro, e che mi ritengo molto fortunato ad aver avuto la possibilità di confrontarmi con entrambi, soprattutto in questo ordine, ovvero partendo da quello italiano per poi concludere con quello americano.  

Dico questo perché credo che la preparazione accademica di base che il sistema italiano fornisce sia più completa ed approfondita. Purtroppo, però nel nostro Paese l’accesso alla ricerca è molto più limitato, le università dispongono di meno fondi, e quindi la preparazione della maggior parte degli studenti una volta conclusa l’università rimane più “teorica” che “pratica”.  

Gli studenti americani invece, hanno da subito la possibilità di entrare nel mondo della ricerca, di accedere ai laboratori e di lavorare su progetti concreti. Ǫuesto, va detto, anche grazie alle disponibilità economiche delle università, che sono immensamente più ampie delle nostre, grazie ai fondi delle aziende private che investono nelle università, ma anche per via delle rette molto alte che gli studenti devono pagare.  

In questo modo l’università americana può permettersi di non porre limiti ai suoi studenti migliori, fornendo loro il necessario per eccellere, ma non garantisce l’accesso a tutti coloro che non hanno tali disponibilità economiche. L’università italiana, invece, è molto più accessibile e dà a tutti la possibilità di ottenere un’istruzione di alto livello.  

Hai sentito la mancanza della tua famiglia e dei tuoi amici?  

Ovviamente è stato molto difficile stare senza la famiglia, gli amici di sempre, e soprattutto la mia ragazza. Ho cercato di tornare ogni volta che mi è stato possibile, e i miei familiari sono venuti a trovarmi ogni tanto. Ho usato tantissimo le videochiamate per tenermi sempre in contatto, anche se purtroppo il diverso fuso orario restringe un po’ il tempo a disposizione ogni giorno. Per fortuna, grazie anche alle nuove amicizie che ho costruito, non mi sono mai sentito solo.  

Ǫuanto studi al giorno?  

Non è semplice da quantificare. In Italia probabilmente 4-5 ore al giorno durante il periodo in cui vengono erogati i corsi, e circa il doppio durante la sessione di esami. In America invece non esiste una sessione lunga come la nostra, ci si deve impegnare molto di più durante il corso con progetti ed esami intermedi, e poi c’è una sola settimana con tutti gli esami finali. Avendo iniziato anche a fare ricerca per la tesi, nell’ultimo anno tra studio e ricerca credo che quel numero di ore al giorno sia raddoppiato, ma con più ore di laboratorio piuttosto che di “studio” sui libri.  

Luca e un suo collega in laboratorio

Come riesci a conciliare studio e vita sociale?  

Mi impegno a tenere libere almeno una o due sere a settimana per uscire. Ǫuando ho iniziato l’università, durante il primo anno, ho quasi completamente sacrificato la vita sociale, e nonostante gli ottimi risultati, mi sono reso conto che non poteva andar bene. Lo studio e l’università non possono privarci della socialità e della compagnia degli altri. Credo che divertirsi e coltivare le amicizie sia fondamentale tanto quanto avere successo nello studio o nella carriera, se non di più. Ovviamente questo richiede un po’ di organizzazione e di impegno, e bisogna saper riconoscere quando è il momento di dedicarsi di più allo studio, ma si può fare.  

Cosa fai oltre a studiare? Quali sono le tue passioni?  

Sono un appassionato di sport, mi piace seguirlo e praticarlo. Soprattutto calcio e tennis, ma anche padel. Difficilmente mi tiro indietro se ho l’opportunità di provare qualcosa di nuovo, come ho fatto per la maratona nell’episodio che ho raccontato prima. Per il resto, sarò forse un po’ banale, ma mi piacciono la musica e i concerti, e mi piace viaggiare, cose che cerco di fare appena ne ho l’opportunità. In particolare, mi piacciono le città d’arte, i musei, le gallerie, specialmente l’arte moderna e contemporanea. Un’altra piccola passione è quella per la comicità, sono un grande fan della scena di stand-up comedy italiana.  

Musica preferita? 

Ascolto davvero molta musica, spaziando soprattutto fra rap, rock e indie/it-pop. Nel 2024 il gruppo che ho ascoltato di più sono i The Strokes, ma sono anche fan della musica della mia generazione.  

Film preferiti? 

Fra i film internazionali, devo dire Interstellar di Christopher Nolan, da buon ingegnere aerospaziale. Come film italiano, il mio preferito è Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. 

 Un episodio che ricorderai per sempre?  

Ce ne sono davvero tanti, tantissime serate passate con i miei amici, il viaggio a New York, la cerimonia di laurea… Ma un’esperienza che ricorderò per sempre però è stato correre la mezza maratona di Atlanta. Non avevo mai partecipato ad un evento del genere prima, a dire il vero, non ero nemmeno un grande appassionato di corsa. Insieme al mio amico Francesco, abbiamo deciso di provare questa sfida e ci siamo allenati per un paio di mesi. Non credevamo di farcela con così poca preparazione, ed eravamo già pronti a fermarci un po’ prima e concluderla camminando. Invece l’adrenalina e la voglia di non fermarsi ci hanno permesso di arrivare fino al traguardo. Un bel ricordo e una esperienza che spero di ripetere in futuro. 

Luca insieme al suo amico e collega Francesco alla mezza maratona di Atlanta

“Il sogno americano” è veramente un sogno o è per tutti? 

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Ǫuesta è davvero un’ottima domanda. Gli Stati Uniti sono sicuramente ancora una terra ricca di opportunità, ma che oggi vive anche grandi difficoltà e disparità al suo interno. Temo che quello che una volta era il sogno americano non lo sia più, o quantomeno che non lo sia per tutti. Se i nostri antenati potevano recarsi negli Stati Uniti senza nulla in tasca e costruire il proprio successo, oggi questo è impossibile senza una disponibilità economica iniziale. Non so come è la situazione in altri campi, ma nel campo della ricerca è evidente come non a tutti sia garantito l’accesso allo studio. Le rette universitarie sono molto alte e moltissimi studenti finiscono per indebitarsi per pagare gli studi. Ǫuesto fa sì che le classi più povere abbiano un accesso sempre più limitato.  

Gli USA rimangono comunque dei grandi “importatori di cervelli”. Per uno straniero, come me, esiste la possibilità di studiare con il sostegno economico dell’università (americana) che mi ha pagato la retta e lo stipendio lavorando come assistente e ricercatore. Il problema è che questo sostegno non è garantito, dipende dalle prestazioni accademiche, è limitato a pochi, e può venire meno in qualsiasi momento. Per tutti gli altri, i costi sono molto alti. Ǫuindi bisogna avere dietro un supporto economico “di emergenza” che non tutti possono avere. 

Cosa ti senti di consigliare ai ragazzi che hanno il tuo stesso sogno?  

Non mi sento davvero in grado di dare consigli, anche io ho tanti dubbi e non so davvero dove tutto questo mi porterà. Ǫuello che posso suggerire dalla mia piccola esperienza è che non bisogna mai precludersi nulla, ma al tempo stesso non bisogna mai farsi problemi quando qualcosa non va a buon fine, perché ci sarà sempre una nuova opportunità da percorrere, magari anche migliore di quella che è appena sfumata. L’unica cosa che non deve mai mancare è la voglia di impegnarsi per fare ciò che ci dà soddisfazione.  

Quanto è importante il successo? Quanto sono importanti i soldi? 

Per il momento, a 25 anni, non vedo i soldi o il successo come l’obiettivo principale da raggiungere nel breve periodo. Non per dire che non siano importanti, ma perché sento ancora il desiderio di spendere il mio tempo facendo ciò che mi piace e con la giusta dose di divertimento, anche se questo significa rinunciare a massimizzare soldi e successo. Magari questo approccio cambierà in futuro, spero ovviamente di ottenere certe soddisfazioni nel lungo periodo e mi impegnerò per ottenerle come ho sempre fatto, ma di certo non ne farò mai una ricerca ossessiva che sovrasti il resto.  

Vorrei però che il ritorno rimanesse sempre adeguato all’impegno profuso. Ǫuello di cui sono convinto, infatti, è che l’impegno meriti sempre una ricompensa, in qualsiasi ambito. Poi questa ricompensa può assumere tante forme: per alcuni soldi, per altri successo, per altri ancora la soddisfazione personale. 

Sei felice? Cos’è per te la felicità? 

Penso che la felicità sia qualcosa a cui tutti proviamo ad avvicinarci, ma non sono convinto che sia possibile raggiungerla davvero. Piuttosto, nella sua ricerca viviamo le esperienze che ci rendono ciò che siamo. Potrei rispondere che forse sarei felice se potessi continuare a fare ciò che mi piace senza dovermi allontanare così tanto dalle persone che amo. Sono sicuramente soddisfatto delle cose che ho fatto, sono sereno, perché credo di star gestendo al meglio le mie possibilità, e sono determinato per le sfide del futuro.  

Che progetti hai per il futuro?  

Dopo la laurea, mi è stato proposto di rimanere al Georgia Tech come studente di dottorato per i prossimi tre anni, per continuare a lavorare al progetto di cui mi sono occupato finora. Il progetto riguarda la mitigazione dei rischi legati alla polvere lunare per i futuri insediamenti umani sulla Luna, che sono in programma con le prossime missioni Artemis. In futuro, però, desidero tornare stabilmente in Italia e cercare qui un lavoro nello stesso ambito.  

Il tuo sogno nel cassetto?  

Sono una persona molto concreta, tendo a vivere la vita passo dopo passo. Sono convinto che ci saranno sempre nuove opportunità ad aspettarmi di cui ancora non sono a conoscenza. Comunque, spero un giorno di poter lavorare alle missioni che permetteranno all’umanità di arrivare su Marte, magari lavorando proprio dal nostro Paese. Mi piacerebbe mettere il mio nome su un pezzettino di quella conquista, anche se dovessi essere l’unico a saperlo. 

(Camilla Nonni)

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