Da Maria Luisa Nava di Tivoli riceviamo e pubblichiamo:



“Con la presente segnalo quanto accadutomi nella giornata di domenica 28 aprile u.s. al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli, ove ero giunta per un problema collegato alla mia anemia cronica.
In primo luogo mi sento in dovere di porre in evidenza come il medico di turno (Dr.ssa Ogolong Boumbe Nadege Patricia) mi abbia in breve tempo visitato e indirizzato al reparto radiologico per una TAC urgente.
Il suo comportamento si è mostrato non solo molto sollecito e professionale, ma anche estremamente gentile e rispettoso e di ciò le sono molto grata e riconoscente.
A seguito dell’esposizione sui sintomi per i quali avevo ritenuto opportuno recarmi al Pronto Soccorso e dopo aver ascoltato le mie pregresse patologie, mi ha illustrato con chiarezza e con dovizia di particolari, in un linguaggio semplice e a me comprensibile, le indagini che riteneva necessarie al fine di individuare le cause del mio stato e disporre le cure opportune.
Altrettanto, però, non posso dire del personale (due medici, anch’essi di sesso femminile) che erano in servizio presso il Reparto Radiologico.
Infatti, sono stata lasciata sola, in sala di attesa per quasi due ore, senza alcuna spiegazione e – sempre senza alcuna spiegazione – riportata al Pronto Soccorso, senza che mi fosse fatto alcun esame.
A questo punto mi è stato spiegato che, per mera dimenticanza, non mi era stato fatto firmare il modulo di consenso preventivo e – conseguentemente – non era stato possibile procedere.
Ora faccio sommessamente notare come tale modulo (prestampato, ripetitivo e del tutto generico) sia in possesso di ogni reparto ospedaliero, compreso quello di Radiologia dell’Ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli: quindi, avrei potuto firmarlo anche presso la Radiologia. Ricondotta al Pronto Soccorso, firmato il modulo, sono stata riportata in Radiologia e, finalmente, dopo un’ulteriore attesa di 30 minuti, sono stata sottoposta alla TAC.
Ora, mi consta che non sia stata l’unica a subire questo che si può definire “attacco di medicina difensiva” da parte dei medici radiologi del suddetto ospedale, in quanto gli stessi infermieri e altri pazienti presenti, alle mie rimostranze, hanno rilevato come quello fosse un comportamento abituale per gli operatori di quello specifico reparto.
Tanto ho da segnalare non per acrimonia o rancore nei confronti dei medici, quanto piuttosto perché tali comportamenti (che, personalmente, ritengo ingiustificati e ingiustificabili) denunziano non solo una mancanza di attenzione e di rispetto nei confronti del paziente, che si sente trascurato e che, di conseguenza, si esaspera, ma anche e soprattutto determinano un inutile e insensato aggravio di lavoro per i colleghi degli altri servizi, costretti a interrompere interventi ben più urgenti ed essenziali per la salute dei pazienti per adempiere alle formalità delle pratiche burocratiche!
Certamente il mio caso non era così grave e l’attesa non ha portato alcun aggravio ai miei disturbi, ma mi chiedo cosa avrebbe potuto comportare per un paziente che avesse avuto una sintomatologia grave, tanto da poterne mettere in pericolo la sopravvivenza, quale, ad esempio, un blocco renale e/o intestinale o un’appendicite perforata.
A questo proposito, debbo ancora una volta rendere merito alla Dr.ssa Ogolong Boumbe Nadege Patricia che con grande pazienza e senza alcuna manifestazione di fastidio e/o insofferenza per i colleghi così testardamente ligi alla burocrazia, ha continuato ad occuparsi con gentilezza e sollecitudine di me e di altri (molti) pazienti che necessitavano della sua attenzione e delle sue cure, per i più svariati malanni e disturbi.
Un’ultima notazione: il medico gentile e premuroso è africano.
Le altre due, italiane, avrebbero parecchio da imparare da lei”.
Condividi l'articolo: