PALOMBARA SABINA - Paziente muore di legionella: il Direttore dell’ospedale assolto e risarcito dalla Asl

L’Asl Roma 5 sapeva che l’impianto idrico era infettato e lo ha taciuto al Dottor Zampini

Era stato ricoverato in ospedale per una polmonite e venne dimesso con la legionella contratta all’interno del “Santissimo Gonfalone”.

Nel giro di venti giorni Claudio D., autista Cotral di Palombara Sabina, fu stroncato dall’infezione a soli 64 anni.

Nel 2003 all’ospedale di Palombara un paziente morì per la legionella e altri due furono infettati

Una morte assurda da “Malasanità” avvenuta l’8 maggio del 2003 presso l’Aurelia Hospital di Roma per la quale il Tribunale Civile di Tivoli con la sentenza 1220/2010 aveva condannato sia la Asl Roma 5 di Tivoli che l’allora Direttore Sanitario del nosocomio di Palombara Sabina Pier Luigi Zampini a pagare in solido un risarcimento danni di quasi mezzo milione di euro agli eredi del paziente deceduto.

Il dottor Pier Luigi Zampini per quasi 20 anni è stato Direttore sanitario dell’ospedale di Tivoli

A distanza di 22 anni dalla tragedia, la Corte di Cassazione Sezione Lavoro ha messo la parola “fine” alla vicenda e ha stabilito che il risarcimento a favore dei familiari di Claudio D. è a totale carico dell’Azienda Sanitaria Locale di Tivoli, la quale dovrà restituire al dottor Pier Luigi Zampini quanto già versato ai parenti della vittima.

IL VERDETTO - La Cassazione conferma: il dottor Zampini non sapeva che l’impianto idrico era a rischio

Il Tribunale di Tivoli Sezione Civile ha condannato Zampini, la Sezione Lavoro gli ha dato ragione

L’ordinanza degli ermellini pubblicata lo scorso 9 marzo conferma quanto già stabilito nella sentenza 3542/2019 depositata dalla Corte d’Appello di Roma Sezione Lavoro il 17 ottobre 2019 e prima ancora nella sentenza 721/2015 depositata dal Tribunale di Tivoli Sezione Lavoro il 23 ottobre 2015.

I giudici di tre diversi Tribunali hanno riconosciuto che il Dottor Pier Luigi Zampini, oggi 76 anni e in pensione dal 2017, è stato a sua volta vittima della colpa grave da parte della Asl, rimasta inerte pur essendo consapevole delle condizioni dell’ospedale e silente non avendolo informato dei rischi.

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La sede della Direzione generale della Asl Roma 5 di Tivoli

Dai processi è emerso che Pier Luigi Zampini, storico Direttore Sanitario dell’ospedale di Tivoli, il 3 marzo 2003 era stato infatti nominato dalla Asl Direttore Sanitario ad interim anche del nosocomio di Palombara Sabina, ma la Azienda non lo aveva informato delle criticità del nosocomio all’atto del conferimento dell’incarico e in particolare dello stato di vetustà dell’impianto idrico dal quale derivò l’infezione che causò la morte del paziente Claudio D.

Infezione contratta per aspirazione di acqua proveniente dalle strutture idriche dell’ospedale, motivo per cui la polizza assicurativa non copriva le responsabilità del Direttore Sanitario che si ritrovò a dover pagare i danni agli eredi.

La sentenza numero 1220/2010 del Tribunale Civile di Tivoli condannò al pagamento in solido di 364.607,76 agli eredi di Claudio D. sia la Asl che Zampini, ritenuto all’epoca responsabile di non aver eseguito i controlli sull’impianto idrico.

IL RETROSCENA/1 – Per non chiudere l’ospedale la Asl non intervenne e i pazienti si infettarono

Tuttavia la Sezione Lavoro del Palazzo di Giustizia di viale Arnaldi ha ribaltato il verdetto sulla base di 4 circostanze pacifiche già emerse nel corso del giudizio civile.

Il giudice del Lavoro ha evidenziato che il 3 marzo 2003 la Asl nominò Zampini Direttore ad interim dell’ospedale di Palombara, che il 18 aprile 2003 – quindi un mese e mezzo dopo l’insediamento – Claudio D. fu ricoverato al “Santissimo Salvatore” per poi spirare l’8 maggio 2003 a causa dell’infezione da legionella.

Decisivo il progetto redatto il 30 settembre 2002 dalla Asl per la ristrutturazione e l’adeguamento dell’ospedale di Palombara, compreso l’impianto idrico e di condizionamento.

Il progetto è stata la prova della consapevolezza da parte della Asl di Tivoli circa le gravi e non occasionali condizioni del presidio ospedaliero e la colpevole mancata attivazione di interventi strutturali risolutivi e preventivi.

E di conseguenza è stata la prova dell’estraneità ai fatti del Dottor Zampini. Ad avvalorare la tesi è una nota scritta il 22 maggio 2003 – due settimane dopo il decesso del paziente Claudio D. – dall’allora Direttore Sanitario Aziendale alla Regione Lazio: “L’impianto idrico (acqua corrente e riscaldamento) e la relativa impiantistica – si legge nella nota – risultano ormai vetusti in quanto risalenti nell’anno di costruzione dell’edificio ospedaliero (1970-1971) ed un radicale intervento di bonifica e o rifacimento degli stessi avrebbe implicato ed implicherebbe la totale chiusura del presidio ospedaliero per lungo tempo”.

IL RETROSCENA/2 - Il virus della Legionella era nel cassone dell’acqua: “saltata” la prevista disinfestazione

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Nella primavera del 2003 Claudio D. non fu l’unico paziente colpito da legionellosi, l’infezione presente e riscontrata nel cassone dell’acqua dell’ospedale “Santissimo Gonfalone”.

All’epoca a Palombara Sabina altri due uomini ricoverati nel reparto di Medicina contrassero il virus, uno di Monteflavio e un altro di Montelibretti, trasferiti rispettivamente al San Camillo e al San Giacomo di Roma.

L’Asl Roma 5 corse ai ripari, disponendo alcune misure d’emergenza per contrastare la legionellosi.

Il primo passo fu la chiusura dell’accettazione di pazienti in Medicina e Chirurgia, con la dimissione di tutti i ricoverati che a parere del sanitario di reparto potessero essere curati a casa.

Inoltre fu previsto per pazienti e personale il consumo esclusivo di acqua confezionata e l’invito a non utilizzare la rete idrica interna se non nei casi di assoluta necessità, col divieto assoluto per i parenti dei pazienti e per gli avventori occasionali ad usare i servizi e le strutture idriche.

Nel frattempo l’Azienda sanitaria inviò gli esperti del Dipartimento di Prevenzione per la bonifica e la disinfezione delle cisterne idriche, un’operazione di clorazione e riscaldamento dell’acqua a più di 60 gradi prevista periodicamente ma che nel 2003 a Palombara Sabina non venne effettuata.

Quindi furono sostituite le rubinetterie nei reparti e i campioni di acqua prelevati nella centrale idrica e in quella termica vennero inviati all’Arpa Lazio per individuare una delle possibili sorgenti di infezione.

Gli accertamenti epidemiologici accertarono che fu Legionella.

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