Trump VS Biden – Gli aggiornamenti sulle elezioni

I bookmakers oramai si rifiutano di raccogliere scommesse

Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, North Carolina e Georgia decideranno sul resto del mondo. È la democrazia nel paese più potente del mondo. E non possiamo farci niente. A mezzogiorno del 4 novembre in cui si scrivono queste brevi note ancora non si conoscono le sorti delle presidenziali degli Stati Uniti. Sicuramente i democratici terranno la Camera ma comunque andrà, all’ultimo voto, Trump la ‘butterà in caciara’, come dicono dalle nostre parti, e questo è un dato assai preoccupante. Più preoccupante di quando nel 2000 Al Gore fu indotto a passare la mano per Bush. Lì era il riconteggio di uno staterello. Qui è tutta l’impalcatura del sistema democratico ad entrare in discussione.
Prima del primo verdetto che proverà ad assegnare la vittoria, sappiamo che a Biden ha dalla sua duecentotrentotto “grandi elettori”. Trump ne ha duecentotredici. Ma per vincere ne occorrono duecentosettanta.
Altro dato certo è che l’affluenza non è mai stata così ampia da un secolo. In un paese dove si deve chiedere la lista elettorale per ottenere il diritto costituzionale al voto sono il sessantasette per cento coloro che hanno votato. La grande affluenza, dicono gli esperti, dovrebbe rafforzare i democratici. Figuratevi se avessero votato in meno! La pessima gestione dell’epidemia dovrebbe aver incrinato la politica di Trump ma ha rafforzato la sua dismissione dallo stato di malattia. L’orrore dell’omicidio di una persona di colore da parte di un poliziotto ha creato rabbia, manifestazioni, città in piena agitazione. Ma non per tutti gli americani. Molti sono invece rassicurati dall’uso della forza. I neri che si sono affermati non amano vedere riproposta la storia del nero negletto e vittima di un sistema crudele. Loro nel sistema ci sono tutti e ne vogliono uscire ancor più vincenti. E la logica di coloro che vogliono uscire vincenti dal loro ambiente funziona nell’ideologia trumpiana.
Probabilmente, scritto sempre a mezzogiorno del 4 novembre, non sarà Trump il presidente degli Stati Uniti confermato. Ma la sua non può che essere letta come una vittoria di un certo tipo di americanismo che è impossibile scalfire.
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