“Sarà lo stesso Ungaretti a dichiarare di essersi ispirato al paesaggio tiburtino – ricordarlo dal Fai – Parco Villa Gregoriana -, considerato sin dalla nascita dell’antica Tibur un locus amoenus, dove la natura incontaminata e selvaggia donava all’uomo un Paradiso, un’isola appunto, dove rigenerarsi ed arricchire l’animo. Le selve assorte, lo stridulo batticuore dell’acqua torrida e l’incontro con una ninfa che dorme sembrano richiamare proprio i luoghi del nostro Parco. A noi piace immaginare il poeta mentre, assorto ed incantato, attraversa i sentieri di Villa Gregoriana”.
L’Isola
A una proda ove sera era perenne
di anziane selve assorte, scese,
e s’inoltrò
e lo richiamò rumore di penne
ch’erasi sciolto dallo stridulo
batticuore dell’acqua torrida,
e una larva (languiva
e rifioriva) vide;
ritornato a salire vide
ch’era una ninfa e dormiva
ritta abbracciata a un olmo.
In sé da simulacro a fiamma vera
errando, giunse a un prato ove
l’ombra negli occhi s’addensava
delle vergini come
sera appiè degli ulivi;
distillavano i rami
una pioggia pigra di dardi,
qua pecore s’erano appisolate
sotto il liscio tepore,
altre brucavano
la coltre luminosa;
le mani del pastore erano un vetro
levigato da fioca febbre.