Dalla Pista d’oro all’Europa La rinascita di Mauro Pizzola

Bastava seguire papà nel suo lavoro in officina per sentirmi felice e libero. Avevo sempre le mani tra le macchine e i Go Kart. Seguivo sempre le sue gare fino all’86 quando ha smesso e affidato nelle mie mani il primo 60 mini kart.

Era il 1993 ed ho partecipato alla prima vera competizione, passando alla categoria 100 junior partecipando a tanti campionati italiani, correndo gare su gare, ma soprattutto muovendo i primi passi verso altri circuiti di altre città. Prima avevo corso solo qui vicino.
La prima grande soddisfazione?
Nel 1998 sono riuscito a battere il record di velocità della Pista d’oro, che fino a quel momento era di Giancarlo Fisichella con il tempo di 45’2’’. Io avevo fatto 44’99’, insomma fu molto gratificante. All’epoca giravo nella categoria 100 Ica (internazionale). Con un Kart completamente gestito da me e mio padre, coi pezzi forniti dalla casa madre ovviamente. Sempre quell’anno vinsi il mio primo titolo italiano.

Il grande salto?
Nel novembre del ’98 avevo fatto un test con Cassiani della Ferrari per un motore 125, con l’opportunità di fare per la stagione successiva un campionato internazionale con loro, e la coppa Ayrton Senna. Doveva essere il mio anno, ma nelle qualifiche alla prima gara alla Pista D’oro ebbi un brutto incidente che mi tenne fermo per un anno: rischiai la paralisi e lì è finito tutto. Per la delusione decisi di chiudere con i kart.

Dopo i titoli conquistati fino al 2007, ti sei fermato per molti anni. Perché?
Purtroppo quell’anno mio padre si ammalò gravemente e misi le corse da parte. Dovevo occuparmi di lui, dell’officina. Non avevo la testa. Poi nel 2012 ci ha lasciati e da lì, forse spinto anche da lui, ho iniziato a guardare su Internet tutte le selezioni piloti disponibili. Così nel 2013 ho trovato un costruttore di Formula Predator, Corrado Cusi, e l’ho contattato.

Un nuovo inizio?
Una volta accordati per il test, è partita la corsa alla ricerca di sponsor e finanziamenti, perché le gare costano davvero molto ed io mi sono sempre finanziato in questo modo, grazie anche al sostegno di molti amici, come Roberto Costantini che è diventato il mio manager e che, in qualche modo, ha preso il posto di mio padre.

E com’è andata?
Sono partito solo per Vallelunga per fare il test. Con una macchina leggermente inferiore, ho preso il secondo tempo. Dopo tutti gli anni di stop è stato fantastico, anche perché da lì è scattata la proposta per il campionato Predator nel 2014 dove ho conquistato il titolo italiano, europeo e anche quello totale. Un successo che mi ha spronato a cercare una nuova sfida con le Mitjet.

Che differenza c’è tra Predator e Mitjet?
La prima è a ruote scoperte, una macchina monoposto. Mentre le Mitjet sono macchine gran turismo, auto coperte preparate ovviamente con assetto da gara.

Il circuito più bello in cui hai corso?
Sicuramente Monza, per la storia che ha, le grandi vittorie, i grandi piloti. Mentre corri sul circuito senti tutto questo.

A chi dedichi l’ultima vittoria?
Quando ad ottobre ho guadagnato il titolo, ho pensato ovviamente a mio padre, con gli occhi al cielo l’ho ringraziato. Ma devo tanto anche a mia moglie Marianna e la mia bambina Isabel. Mi sono state sempre accanto.

Che pensa tua moglie di questa passione?
Mi ha sempre assecondato perché sa che è parte della mia vita. Ci conosciamo da quando siamo ragazzini. È orgogliosa e felice per me.

Prospettive future?
Sicuramente non mi fermo. Sto valutando diversi team e più campionati. Ora più che mai avrei bisogno di uno sponsor che mi accompagni in questa nuova avventura. Ho tutta la forza e i numeri per vincere ancora.

 

di Veronica Altimari

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