Se Montecelio ancora viene nominata sui giornali o sulle emittenti radiofoniche, al di là della possibile cronaca, lo si deve esclusivamente al calcio dilettanti e a un personaggio che si è innamorato di questi colori tre anni fa. Firma importante di “Repubblica” per diciassette anni ora Emilio Piervincenzi, visto che è in pensione, si diletta a seguire questa sua creatura sportiva spendendoci anche un sacco di soldi suoi. Il campionato di Eccellenza registra la presenza di squadre ricche, grandi città e se in questo campionato c’è anche il Montecelio lo si deve solo a lui.
“Stiamo lottando per non retrocedere – spiega il presidente Piervincenzi – e non potrebbe essere altrimenti visto i budget delle squadre che vi partecipano. Io sto cercando di fare il possibile, tutto questa per questa passione che ho dentro di me”.
Domenica scorsa il Montecelio ha giocato una grande partita e ha pareggiato con il quotato Tolfa ora sulla strada dei ragazzi di mister Antonini c’è uno scontro diretto fondamentale, la gara con il Monterotondo: “E’ una partita quasi da dentro o fuori, se la perdiamo sarà ancora più complicato restare aggrappati al treno salvezza mentre se la vinciamo prendiamo lo slancio per compiere una grande impresa”.
Piervincenzi fa tutto da solo: “I miei rapporti col Comune? Siamo al buongiorno e buonasera ( tanto per dirla alla Totti, ndr), pago quindi sono regolare mentre la manutenzione spesso ce la carichiamo noi. Però non posso muovere appunti al Comune. Con i tempi che corrono non possono fare molto”.
Il calcio dilettanti di questo passo potrebbe scomparire: “Costi troppo alti per le società. Come si può pagare per l’iscrizione più di diecimila euro per prima squadra e juniores? E poi il problema giovani. La politica è quella di inserirli obbligatoriamente in squadra ma non bisogna far giocare ragazzi che dagli Allievi vanno direttamente in prima squadra. Il salto è troppo forte anche sul profilo fisico. Diciassette anni contro un trentenne il contatto fisico potrebbe risultare troppo diverso per non parlare dell’atteggiamento mentale. Un giovane inserito tra i grandi troppo presto potresti perderlo. Zarelli, il nostro capo del calcio, è bravo e ha fatto la storia ma ora servono giovani con idee nuove. Quando il sottoscritto ha lasciato la professione da giornalista non è rimasto attaccato alla sedia per continuare il lavoro. Ho lasciato ed è entrato un giovane. E’ la legge della vita, deve diventare anche la legge del calcio”.
red. sport