I Forestali, nel corso di controlli mirati alla tutela della fauna selvatica ed alla repressione del fenomeno del bracconaggio, lo scorso sabato 2 aprile, si sono imbattuti in un cinghiale di sei mesi che era rimasto intrappolato all’interno del cappio, scattato al passaggio dell’animale. Per fortuna il cinghiale in questione era in buone condizioni di salute e, una volta liberato, è tornato a zonzo. Ma non toglie la gravità del fatto: caccia di frodo all’interno di una zona naturale protetta, effettuata attraverso un mezzo non consentito.
La trappola viene spesso coperta con rami sottili e foglie secche e terriccio per renderla ancora più pericolosa. Quella del laccio è una trappola non selettiva in grado di “incastrare”, insomma, non solo un cinghiale ma anche altre specie animali. I bracconieri se ne vanno dopo averla piazzata e l’animale che ha la sfortuna di rimanere intrappolato rimane così per lunghi e lunghissimi periodi di tempo, a volte anche una giornata intera. Un sistema lento e crudele che – spesso – porta alla morte dell’animale. Il laccio crea anche brutte ferite, che diventano sempre più gravi con i tentativi dell’animale di liberarsi. Insomma una brutta pratica. La stessa sorte che sarebbe toccata al cinghiale di sei mesi che è rimasto intrappolato, scoperto per sua fortuna dai forestali durante il controllo di sabato scorso.