Addio Lina, regista dei soggetti in rivolta

Se ne va una grande donna di cinema che ha inventato un mondo in cui i protagonisti sono coloro che subiscono le grandi contraddizioni del loro tempo

Aveva novantatre anni ma ancora un’energia che trasmetteva anche nelle sue ultime apparizioni televisive. Un Oscar alla carriera per una donna che ha inventato un modo di fare cinema alla pari dei grandi. Quella che la caratterizza consiste nella capacità di scavare in storie apparentemente minimali ma che conservano tutta la loro beffarda ironia nello spiegare i passaggi epocali della nostra società. Innanzitutto l’evoluzione del rapporto uomo-donna. In Mimì Metallurgico derideva letteralmente la sindrome del maschio che deve restare al centro della dinamica del possesso e una volta che è lui ad essere cornificato ed è lui a dover rendere la pariglia lo fa in condizioni del tutto ingrate, con una donna assolutamente non desiderabile. Ma è necessario rendere la pariglia del tradimento subito quindi va fatto, altrimenti verrebbe meno la primazia del maschio. Si inseriscono elementi di lotta di classe in Travolti da un Insolito destino, dove una donna bella, aristocratica si perde in barca con un Giancarlo Giannini che dal ruolo di mozzo, dimesso e contrito, spezza le catene fino a ripristinare, favoriti dal ritorno a uno stato primordiale, del suo ruolo arcano di maschio dominante. In altri termini la lotta di classe, in uno stato assai ristretto quale è una barca, è possibile ripristinando gerarchie sessiste che i modelli sociali capitalistici avevano ribaltato. L’intuizione geniale fu ripresa in America ed ebbe anche una rivisitazione in tempi più attuali.

Questo per dire che Lina Wertmuller è stata una donna di cinema semplicemente geniale. Sempre centrato sul conflittuale, o quanto meno non risolto, problema del rapporto uomo-donna in Film d’Amore e d’Anarchia. Qui in un’età in cui era forte il messaggio di avanzamento sociale e le istanze più radicali erano la normalità della dialettica politica, i due protagonisti, si dividono e si riuniscono perché non riescono a trovarsi in una dimensione nuova, quella aperta dal pensiero anarchico che ha solo una parola chiave: liberazione. Quindi apertura al mondo, apertura ad altri, indipendenza dell’uno sull’altra. Il tutto raccontato con le venature grottesche che questi conflitti comportano.

È stata un’anticipatrice di questioni che sarebbero emerso qualche anno più tardi: l’impossibilità di essere dei borghesi normali ma anche l’incapacità di vestire panni nuovi e di esser protagonisti di una rivoluzione in chiave personale è difficile anche a supporre.

L’occasione sarà propizia per rivedere i suoi film che forse alle nuove generazioni dicono poco, ma molto a chi ha convissuto con certi conflitti inter-soggettivi.

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