Fonte Nuova – Ecco come il cameriere aguzzino massacrava la compagna

Arrestato per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale usava scope, ombrelli, coltelli e scarpe anti infortunio per pestarla a sangue

Le botte dovevano far male e allora, all’occorrenza, si infilava le scarpe anti infortunistiche, con la protezione in acciaio, per prendere meglio a calci la compagna. In altre occasioni afferrava gli ombrelli, arrivando in un caso ad infilzarglielo in una coscia come si fa con uno spiedino, oppure spranghe o una scopa per colpire ai fianchi e alla schiena. E’ una piccola parte della galleria di violenze che un cameriere di 38 anni di Fonte Nuova riservava alla compagna e che dopo quasi due anni di soprusi lo hanno condotto in carcere con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, lesioni aggravati dalla crudeltà.

Le manette sono scattate un paio di giorni fa (leggi qui), in seguito a una misura cautelare fatta spiccare su richiesta del procuratore capo di Tivoli Francesco Menditto.

PER I MAGISTRATI L’UOMO HA MOSTRATO “UN’INDOLE MALVAGIA”

Nella misura cautelare si parla della “evidente manifestazione di una indole malvagia che agiva sotto la spinta di un impulso abnorme e che trovava appagamento nella sottomissione e nell’umiliazione della compagna”.

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LE MEDICAZIONI IMPOSTE

La donna più volte massacrata di botte veniva costretta a ripulire con lo straccio il suo stesso sangue sul pavimento e dalle pareti oppure trascinata sotto la doccia. Per le suturazioni, invece, scattava il fai da te: lo stesso orco, dopo aver pestato la donna, le applicava i punti acquistati in farmacia. In una sola occasione – per un occhio completamente tumefatto – l’ha accompagnata in ospedale imponendo, però, la sua presenza con la scusa che la donna soffriva di epilessia.

LE BUGIE

Per azzittire la donna d’altra parte per mesi è bastato ricordarle che se avesse chiesto aiuto sarebbe uscita da casa con la bara, e la stessa fine sarebbe stata riservata ai familiari. Così nonostante il rischio di perdere un occhio, in quell’unico ricorso in ospedale, al Sant’Andrea la vittima era rimasta zitta e aveva avallato le bugie del compagno violento: “E’ stata scippata per strada e nel tentativo di salvare la borsa è rimasta ferita. Maledetti scippatori”.

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La vittima, assistita dall’avvocato Simona Fioravanti, alla fine ha avuto il coraggio prima di allontanarsi e poi di denunciare. La paura di morire alla fine è stata più forte.
A indagare sul caso gli agenti del pool antiviolenza del Commissariato di Tivoli coordinati dal sostituto commissario Davide Sinibaldi e dalla dirigente Paola Pentassuglia a loro volta delegati dalla procura.

LE ARMI USATE

La donna veniva umiliata, sottomessa e picchiata quasi tutti i giorni, in un caso anche abusata: dopo le botte era stata costretta ad avere intimità. A ricordare le tipologie di violenze ci hanno pensato i magistrati. Nonostante il ricorso alle scarpe rafforzate, agli ombrelli, alle spranghe, alle scope, alle pentole tirate, l’arma più ricorrente restava il coltello puntato alla gola con l’avvertimento e umiliazione annessa: “zocc…se parli t’ammazzo”.

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