GUIDONIA – Don Dario, a Villalba il parroco più giovane della Diocesi

Il 25 settembre farà il suo ingresso a Santa Maria del Popolo al posto di don Marco Ilari. Il 35enne ex campione di nuoto si presenta: “Vengo per imparare”

E’ il parroco più giovane della Diocesi di Tivoli. Ha 35 anni, un passato da nuotatore agonista, si chiama Dario Giustini, o meglio don Dario Giustini.

E’ lui il sacerdote destinato a guidare la comunità parrocchiale di Santa Maria del Popolo a Villalba, quartiere popolare di Guidonia Montecelio. Domenica 25 settembre alle ore 19 don Dario farà il suo ingresso nella chiesa di piazzale delle Regioni durante una cerimonia presieduta dal Vescovo, Monsignor Mauro Parmeggiani, che lo ha scelto al posto di don Marco Ilari, da nove anni parroco di Villalba destinato a trasferirsi ad Assisi per la specializzazione in Studi Francescani.

Nato a Tivoli nel 1987, figlio unico di una coppia di tiburtini, Dario Giustini racconta di essere cresciuto al Bivio di San Polo, frequentando la chiesa del Sacro Cuore e la piscina “Empolum”, dove praticava nuoto agonistico, studiando al Liceo Scientifico “Lazzaro Spallanzani” di Tivoli dove si è diplomato a luglio 2006.

Ad ottobre dello stesso anno Dario era in Seminario ad Anagni, ne sarebbe uscito sette anni più tardi per essere ordinato sacerdote da Monsignor Parmeggiani. Era il 14 settembre 2013.

Già nel 2008, appena 21enne, iniziò la vita da seminarista nella parrocchia del Sacro Cuore di Guidonia centro, quindi quella di diacono e infine da vice parroco dell’allora parroco don Michele Nonni. Un’esperienza di sette anni all’interno di una delle comunità più popolose della Diocesi, prima della nomina a parroco.

Era il 4 ottobre 2015, quando il Vescovo Parmeggiani affidò a don Dario Giustini la comunità di Arsoli, 1.300 anime tra i monti Simbruini.

Oggi il più giovane sacerdote della Diocesi è chiamato a dialogare con la comunità più multietnica dell’hinterland.

Don Dario, come s’è avvicinato al mondo ecclesiastico?

Fin da bambino, da adolescente e da ragazzo ho sempre vissuto pienamente la Fede e frequentato l’ambiente parrocchiale. Pian piano si è concretizzato il desiderio di rispondere al progetto più grande di cui mi sono sempre sentito parte e negli anni del Liceo Scientifico la scelta è maturata definitivamente.

Così, dopo la Maturità, don Giuseppe Salvatori, il parroco del Sacro Cuore al Bivio di San Polo, mi accompagnò dall’allora Vescovo Monsignor Benotto e poco dopo iniziai il Cammino in seminario”.

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Come la presero i suoi?

In maniera tranquilla, per loro non fu certo un fulmine a ciel sereno o un colpo di scena. Fu tutto molto naturale e consequenziale”.

Mi scusi, ma quando si iscrisse al Liceo Spallanzani cosa sognava di diventare?

Già pensavo di farmi prete. Questo desiderio è cresciuto con me negli anni del Liceo Scientifico, durante i quali ho potuto imparare che non è vero che Fede e Scienza non hanno punti di accordo, sono semmai due punti di vista di una stessa realtà ma non necessariamente opposti”.

Quali sono state le persone più importanti del suo cammino?

Sono state tante, ciascuna con un ruolo diverso e una relazione insostituibile. I miei genitori, gli amici laici, gli amici sacerdoti, gli stessi fedeli che mi hanno permesso di fare insieme a loro un cammino di fede aiutandomi ad essere sempre più me stesso”.

Come ricorda la sua prima volta da parroco?

La comunità di Arsoli mi ha permesso di fare un’esperienza della Carità pastorale e dell’amorevolezza verso le persone che si coniuga nei modi più diversi. Porto con me un bel bagaglio di un cammino durante il quale ho apprezzato la Fede di questa comunità arsolana.

Sono contento se in questi anni ho aiutato qualcuno a riscoprire o a rafforzare il proprio cammino di Fede, il bello della nostra missione è proprio questo: conoscere il cuore delle persone ed avere la grazia di poter essere un ponte tra loro e il Signore Risorto”.

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Cosa si aspetta da Villalba?

Di imparare molto”.

Lei è il parroco più giovane della Diocesi di Tivoli. E’ vero che i giovani oggi sono sempre più lontani dalla Chiesa e dalla Fede?

Secondo me è uno stereotipo. Se adulti ed anziani ci sono fisicamente, nel senso che sono presenti in chiesa, non è mica detto che ciascuno di essi voglia essere davvero un discepolo di Cristo. Non credo che i giovani siano più lontani rispetto agli altri, è vero però che non si riesce ad arrivare a tutti. I giovani fanno fatica a relazionarsi con Dio perché faticano a relazionarsi con gli altri esseri umani.

Esiste sicuramente un problema relazionale, basti pensare ai gruppi di ragazzi seduti sui muretti che non parlano tra loro concentrati come sono sui rispettivi cellulari. Sintomatica di questa condizione è l’espressione “Mi sento solo” di molti giovani nonostante frequentino il gruppo di amici”.

Don Dario, perché oratori e parrocchie non riescono più ad essere un punto di riferimento?

Non sono ludoteche, ma centri di aggregazione dove si impara il cammino umano: è una palestra molto più difficile da frequentare, servono tanta pazienza e buona volontà. Gesù ci insegna ad essere liberi e capaci di amare, ma pone due parole: “Se vuoi”.

La libertà umana è tremendamente bella e tremendamente rischiosa, spetta esclusivamente ai giovani scegliere se frequentare la palestra della parrocchia, dell’oratorio, della Fede.

Noi parroci non facciamo mica i miracoli”.

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