Monterotondo – Marta Randazzo – classe III D – Campanari SMS Cardinal Piazza

Nonna, c’è un episodio di quel periodo che è rimasto particolarmente vivo nella tua memoria? Era una mattina, avrò avuto intorno ai vent’anni. Come tutti i giorni avevo preparato il cestino della merenda da portare ai miei fratelli che lavoravano in campagna.  Vi avevo messo pane, formaggio e una bottiglia di vino. Ricordo che portavo un fazzoletto in testa per ripararmi dal sole. Ero arrivata da pochi minuti, quando sentii il rumore della camionetta. I miei fratelli spaventati mi dissero di tornare subito a casa. Cominciai a correre, anche se avevo le gambe che mi tremavano. Giunta a casa, gridai: “I tedeschi, i tedeschi!”. I tedeschi erano il demonio! Quando venivano facevano razzia di ogni cosa; prendevano il raccolto, il bestiame. A volte prendevano anche le ragazzine. I miei fratelli erano terrorizzati per me e io per loro. I tedeschi radunavano i ragazzi e se li portavano a fare la guerra.

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Quali emozioni ricordi di aver provato in quel periodo della tua vita?
armistizioTanta paura quando ci sentivamo minacciati dal nemico, ma anche tanta serenità nei momenti di tranquillità, quando con i miei genitori e i miei fratelli accudivamo il bestiame. Quello che mi faceva sentire bene era la normalità, come assistere alla nascita di un vitellino, raccogliere un cesto di uova dalle galline o giocare con i coniglietti nella stalla

Cosa dicevano i tuoi genitori per spiegarti ciò che stava succedendo?
Ma sai, figlia mia, a quel tempo si parlava poco della vita, si viveva e basta. Mio padre si limitava a dire a noi figlie: “Non fatevi toccare a costo della vita” E ai figli maschi diceva: “ Proteggete le vostre sorelle” .La vita era dura e noi lo sapevamo. La mamma ci salutava ogni sera e ci diceva: “Dormite serene che tutto passa … anche la guerra”

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Nonna, a quei tempi, come vedevi il futuro?
Non avevamo speranza. A quei tempi c’era ben poco da sperare. I tedeschi venivano all’improvviso, ogni volta non sapevamo come sarebbe andata a finire. La vita era appesa a un filo. Essere in vita ogni giorno per noi era già un dono. Il futuro? Mah! Forse di notte sognavo di sposare un bel giovanotto, magari un soldato. Io avrei indossato un lungo vestito bianco. Soprattutto sognavo di avere figli, tanti figli, da crescere felici, in campagna con i nostri animali. Non speravo tanto a quel tempo. Mi bastava che la guerra finisse e quello era già il sogno più grande realizzato.

DI MARTA RANDAZZO
CLASSE TERZA D
IC CAMPANARI
SMS CARDINAL-PIAZZA

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