Lorenzo De Luca, la passione per il cinema diventata professione

lorenzo-de-luca2“I miei primi maestri di cinema sono stati loro, mamma e papà. A loro i film piacevano tanto. Una vera passione. Con mamma andavo a vedere i film horror in un piccolo cinema a Bagni di Tivoli ormai chiuso, dove davano le pellicole di terza e quarta visione. Papà invece amava il western all’italiana, quello di gran successo fino agli anni ’80”.

Lorenzo De Luca, 45 anni, sceneggiatore, soggettista e scrittore, è nato a Villalba, ha iniziato così a farsi una cultura cinematografica. “Mamma conosceva la cassiera del cinema di Bagni perciò nonostante fossi un ragazzino, lei mi faceva entrare, ed io mi divertivo tantissimo.
Con papà mi feci invece una cultura sui western che in buona parte venivano girati su via Tiburtina, dove prima era campagna e adesso ci sono gli studi Mediaset”. Per loro che vivevano a Villalba, mamma casalinga e papà portiere in uno stabile di Roma, il cinema era lo svago e l’avventura più attesa, il mondo sognato e immaginato.
Ma da grande, Lorenzo il mondo lo ha girato davvero e tanto: da Miami a Hong Kong, poi in Ungheria, è stato lui protagonista e creatore di quelle avventure viste al cinema ed ha conosciuto dal vivo tanti personaggi e attori.  Oggi è tornato  a Villanova, dove abita anche la madre, oggi vedova e suo fratello ha aperto un locale. Vicino alla famiglia, vicino ai luoghi della prima infanzia.
Dal  piccolo al grande schermo, la vita lavorativa di Lorenzo ha avuto come filo conduttore la passione viscerale per i B-Movies, i film leggeri a basso costo.
Lorenzo De Luca ha studiato sin dall’inizio e poi  addirittura conosciuto attori “cult” del genere come Bruce e Brandon Lee, padre e figlio deceduti misteriosamente nel 1973 e nel 1993. Sul loro cinema ha pubblicato quattro libri: “Bruce Lee il Piccolo Drago” nel 1990, “Bruce Lee il ritorno del drago” nel 1992, “Bruce &Brandon Lee nel nome del drago” nel 1995 e “Gli eredi di Bruce Lee” nel 2000.  Sull’argomento anche un dvd intitolato “Dragonland”, il primo documentario al mondo sulla storia del cinema di Arti Marziali, con interviste a numerosi esponenti e riprese ad Hong Kong. Ha inoltre scritto con Bud Spencer la biografia dell’attore, record di vendite in Germania.  
Ha raggiunto il successo senza passare per i canali “ufficiali”: né scuole di specializzazione, né università. Solo tanta gavetta, l’amicizia con il regista anni ’60 e ’70 Enzo G. Castellari (ispiratore di Tarantino), quella con Franco Nero, un triplo boom con i cine-panettoni di Neri Parenti. Sulla sua strada ha incrociato tra i tanti anche Jackie Chan e il belga Van Damme.
Di recente ha firmato la sceneggiatura dell’horror “The Pit”, uscito in dvd e riguardante il mondo delle chat. Ed a breve arriverà “La vendetta di Bacco”, un thriller americano ma girato in Italia con la regia di Ted Kotcheff, lo stesso di “Rambo”. La vita di Lorenzo è tutta nel cinema.
Nei ‘soggetti’ che gli passano  per la mente arrivando da chissà dove, nelle sceneggiature che manda a tutti, ma soprattutto negli Stati Uniti, perchè “Là guardano al tuo lavoro mentre qui guardano al nome”. Ma a Lorenzo non piace atteggiarsi troppo ad autore perchè: “Più che di ispirazione bisogna parlare di mercato perchè di solito è il produttore che da l’idea. Anche se di produttori oggi ne sono rimasti pochi”.  Il cinema è la sua vita quotidiana ed il suo svago.  Unico amore fuori dalle sue storie, la compagna che fa l’educatrice. “Un giorno le ho regalato un mio libro, ed ha avuto il coraggio di lasciarlo celofonato”.

 

Lorenzo, come ha iniziato a fare lo sceneggiatore?
“Ho letto moltissimi libri e guardato tanti film sin da ragazzino. Poi un giorno del 1986 scrissi ad Enzo Castellari, forse il migliore regista e sceneggiatore di western all’italiana e film d’azione. Lo ammiravo, volevo conoscerlo. Ci incontrammo, e grazie a lui ho iniziato il mio percorso di sceneggiatore. Il mio debutto è del 1991 quando collaborai al serial-tv “Detective Extralarge”, interpretato da Bud Spencer. Un omaccione simpaticissimo che nel cinema è semplicemente inciampato”.

 

Come è nata la passione per il cinema di kung fu?
“Come scatta l’amore per una donna? La domanda è la stessa come la risposta. Non lo so. È irrazionale. Conobbi Brandon Lee nel 1992, quattro mesi prima che una vera pallottola inserita in una pistola di scena lo uccidesse sul set de “Il Corvo”. Vent’anni prima il padre Bruce fu avvelenato dalla mafia cinese, anche se le indagini insabbiarono tutto e si disse che era un aneurisma. Volevo fare un poliziesco con Brandon e col mio amico Franco Nero come protagonisti, ma i produttori italiani non conoscevano Brandon Lee. Poi fu troppo tardi. Oggi è una leggenda anche lui come il padre”.

 

Lei è stato anche a Hong Kong per un documentario su di loro.
“Sì, intervistai diversi attori, registi e produttori cinesi. Poi sospettai che la Triade mi facesse pedinare, perché è abbastanza improbabile che in una città di 7 milioni d’abitanti ti prelevi sempre lo stesso taxi con la stessa faccia al volante. Stavo facendo troppe ricerche scomode, si era sparsa la voce, me lo dissero chiaro. Un po’ mi sono spaventato. Ma poi ho lo stesso girato il mio documentario Dragonland”.

 

Parlando del cinema italiano: che momento vive?
“Bruttissimo. Il nostro mercato non esporta più, ogni tanto qualcuno emerge e viene premiato ma fuori dal nostro Paese difficilmente lo conoscono. Il motivo? Fino agli anni ’80 venivano prodotti tanti film di genere, polizieschi, horror, western spaghetti, spesso di serie B, che però servivano da stampella economica per quelli di serie A. Ora il target di chi va al cinema è quello stesso cresciuto con la televisione, quindi comici come Checco Zalone o I Soliti Idioti sbancano il botteghino. Perché vengono da lì, da Zelig e da Mtv. Ma fuori dall’Italia chi li conosce? Se chiedi ad un ventenne italiano chi è Franco Nero ti guarda ignaro, ma negli States è un attore famosissimo”.

 

Lei ha lavorato con Neri Parenti scrivendo con Brizzi e Martani tre cine-panettoni nel 2001, 2002 e 2003.
“Sì. Mi venne l’intuizione di cambiare il personaggio a Christian De Sica da scapolone a padre di famiglia bigamo, come era il padre Vittorio. Il film era Merry Christmas, funzionò. Così collaborai anche ai successivi Natale sul Nilo e Natale in India. Con Aurelio De Laurentiis c’era stima e rispetto, poi però le strade si divisero per alcune divergenze di pensiero coi miei colleghi”.

 

Guidonia è stata spesso set di film e fiction: ma lei ci scriverebbe sopra un soggetto?
“Assolutamente sì. Sarebbe una commedia con protagonista una famiglia media e la pellicola racconterebbe la sua storia inserita nel contesto della crescita italiana. Ci sarebbe tutto: amore, sesso, tragedia, risate. Guidonia sarebbe il microcosmo per rispecchiare l’evoluzione italiana. I luoghi dove ambientarla? Non saprei, molti di quelli che ricordo ora non esistono più, però devo dire che Villanova si presterebbe bene, perché c’è un misto tra città e campagna che ricorda molto le opere di Pier Paolo Pasolini. È affascinante”.

 

Si guadagna con il suo mestiere?
“Forse un tempo, ora meno. O meglio, per i giovani d’oggi sarà tosta emergere. Io fortunatamente in 20 anni di carriera mi sono fatto la mia nicchia di credito. Il mio consiglio a chi inizia ora a fare cinema è di imparare bene l’inglese, leggere moltissimo, guardare ogni genere di film e andarsene all’estero. Qui al massimo finisci nelle fiction, ma poi non ne esci perché se lo fai hai chiuso”.

 

Qual è quella che considera un’occasione persa?
Sa una cosa? Su 150 storie che ho scritto, quelle diventate film o fiction saranno una trentina. E non sempre erano quelle che amavo di più. Il cinema è così. Nel 1998 mandai una bozza a Mel Gibson, voleva essere la storia di Gesù vista dagli occhi di Giuda. Mi rispose che non trattava quel genere. Poi però nel 2004 è uscito “La Passione di Cristo”. Nel mio piccolo penso di averlo influenzato, almeno un po’ (ride).

 

Lorenzo, lei è una persona felice?
“Quando nel 1995 riuscii a fare il western “Jonathan degli orsi” con Franco Nero protagonista ed Enzo Castellari regista pensai di aver raggiunto la quadratura del cerchio. Ma alla fine penso sempre che la gioia più grande è quella che ancora deve capitarmi. In tal senso confido anche  in “Cinque dita di violenza-3D”, che sarà il primo film di Kung-Fu con questa tecnologia. Se son draghi voleranno…”

Valerio Valeri

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