C’è voluta un’accurata ricostruzione da parte del personale dell’istituto comprensivo “Giuseppe Garibaldi” di Setteville per scoprire la causa e scongiurare al tempo stesso eventuali conseguenze peggiori. Tutta colpa di uno spray urticante del quale erano state cosparse tutte le automobiline di un alunno della prima C, l’unico insieme a un compagno di classe a non finire al pronto soccorso pediatrico del policlinico “Umberto I” di Roma, come invece è accaduto ad altri dieci bimbi di sei anni.
La disavventura si è consumata lunedì 4 giugno nel plesso di via Carlo Todini, dove il 24 maggio il preside Stefano Simboli aveva ricevuto dall’amministrazione comunale nuove aule e sala mensa realizzate con tecniche di bioedilizia. Stando proprio alla ricostruzione del capo d’istituto i 12 piccoli alunni della prima C hanno iniziato ad avvertire bruciori subito dopo pranzo. Riaccompagnati in classe, le maestre li hanno lasciati liberi di svagarsi coi giochi, molti dei quali portati da casa, tra cui una scatola di automobiline.
Modelli che devono aver attirato l’attenzione degli altri undici compagni se nel giro di pochi minuti tutti insieme si sono presentati dalle maestre con gli occhi in lacrime per il dolore.
Cos’ era accaduto? Per capirlo il preside Simboli ha dovuto contattare i genitori e il 118, solo così si è potuto accertare che il giorno prima a casa del bambino proprietario delle automobiline s’era consumato il “fattaccio”.
Tant’è che dalla borsa della mamma aveva preso in prestito una bomboletta di spray urticante spruzzandola sui modellini. Bombolette di quelle per l’autodifesa personale a base di peperoncino naturale, dannosi per gli occhi e le vie respiratorie: strumenti legali, per carità, e per i quali non è richiesto il porto d’armi, ma che diventano un gioco pericoloso in mano a dei bimbi di sei anni che mettono le mani in bocca e sugli occhi.
Così, dopo la visita, il medico ha consigliato per tutti e dodici – tra maschietti e femminucce – il ricovero presso il nosocomio romano, dove gli alunni sono stati trasferiti a bordo di quattro ambulanze e un’auto medica. Soltanto in due hanno firmato le liberatorie di rito per riportare i figli a casa e curarli da soli.
Marcello Santarelli