Monterotondo: “Noi, coppia gay siamo felici per il Ruc Ma nella nostra città c’è troppo bigottismo”

Anche se per ora di concreto c’è ben poco, l’idea di creare un Registro per le unioni civili a Monterotondo ha creato molto entusiasmo in città e non solo. Anche perché, dicono in molti, il Ruc potrebbe essere uno strumento valido e utile. Soprattutto in una città come Monterotondo dove risiedono molte persone e coppie gay che potrebbero trovare nel Ruc uno strumento utile. Ne sono convinte ad esempio Sharon Turchetta e Federica Canale, una giovane coppia di ragazze di 25 anni. Monterotondese con un impiego a Capena e la passione per la chitarra la prima, romana la seconda, Sharon e Federica pensano che il Ruc eretino sia il primo passo per cambiare le cose. “Bisogna dare meno peso alle convenzioni sociali”.
Cosa pensate dell’impegno preso dal comune di Monterotondo?
Federica: “Non penso che il comune abbia avanzato la proposta per per accattivarsi i voti in prossimità di imminenti elezioni. Spero davvero che vada tutto in porto”.
Sharon: “Io credo che sia un progetto in cui i promotori credano davvero. Dobbiamo confrontarci con la società attuale: il presente ha coppie eterosessuali e omosessuali che vogliono avere il diritto di unirsi legalmente”.
Come pensate che reagirà la cittadinanza monterotondese quando il RUC sarà attivo?
Sharon: “Io mi rendo conto che a Monterotondo ci sono tanti ragazzi e ragazze omosessuali ma molti fanno ancora finta di non esserlo. Secondo me la cultura eretina è ancora bigotta ma forse i tempi sono finalmente maturi per aprire gli orizzonti culturali. Purtroppo molte famiglie non accettano il figlio come individuo a seconda dei propri gusti sessuali”.
Prevedete quindi un boom di richieste?
Sharon: “Secondo me sì vista anche l’alta percentuale di gay a Monterotondo e personalmente farò richiesta. Credo che questo possa spronare a vivere con tranquillità il proprio rapporto con la persona che ama. Noto che viene data troppo importanza alle apparenze e chi aderisce per primo a iniziative simili spesso ha paura”.
Consigliereste a vostri amici gay di esortare il proprio comune a creare un registro di unioni civili?
Federica: “Assolutamente sì. È auspicabile sollecitare l’intervento dei comuni: visto che in tanti espatriano per sposarsi perché non legittimare l’unione a casa nostra? Sarebbe naturale e meraviglioso”.
In famiglia come avete vissuto la vostra omosessualità? Avete avuto problemi a dichiararvi?  
Federica: “Quando ero più piccola è stato difficile dirlo a mia madre ma dopo averglielo detto abbiamo ripreso un rapporto favoloso”.
Notate una maggiore apertura culturale nei confronti dell’omosessualità negli ultimi anni?
Sharon: “Sì, visto che mi rendo conto che la cosa viene vista con più tranquillità e senza particolari turbamenti d’animo da gran parte delle persone. Alcuni invece quando sanno che sei omosessuale hanno uno sguardo tra il preoccupato e l’inorridito, come se fossi vittima di un tumore. Conosco molte persone che una volta dichiaratesi sono state cacciate di casa dai genitori, apostrofate come esseri schifosi o cose irripetibili: ognuno vale per quel che è, indipendentemente dai propri gusti sessuali”.
Che percentuale di intolleranza c’è secondo voi?
Sharon: “Ultimamente forse ci sono più persone che non si pongono il problema. Credo sia sbagliata l’impostazione iniziale che da piccoli abbiamo un modello rigido che spesso viene caldamente consigliato per motivi di immagine, se non imposto. A un bambino dev’essere data una tavolozza di colori e poi è lui a scegliere il colore preferito: se gli offri solo un colore ovviamente il bimbo sceglierà sempre quello. Ognuno deve stare bene con sé stesso rispettando sempre gli altri. Quando ho capito chi ero sono stata male fino a 19 anni perché mi sentivo strana, quasi in colpa, senza capire perché e cosa avessi io di sbagliato. Dopo un brutto periodo ho capito che il problema era tirare fuori quello che avevo dentro. Bisogna dare meno peso alle convenzioni sociali”.
Quali potrebbero essere le eventuali politiche o iniziative territoriali per educare al rispetto reciproco combattendo il razzismo e l’omofobia?
Sharon: “In primo luogo spero che quando il RUC verrà reso attivo a Monterotondo ci sarà maggiore pubblicità sull’iniziativa. Credo inoltre che l’educazione debba partire dalle scuole: essa dovrebbe insegnare che così come si è si è giusti. Ogni bambino dev’essere libero di fare la scuola che ritiene più adatta, senza pressioni e così dovrebbe essere anche con i gusti sessuali”.

di Valerio Chiocchio

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