Don Pedro Barzan: “Sant’Antonio è un vero dono di Dio. Rende Monterotondo unica”

Don Pedro Barzan lei è argentino è non può evitare una domanda su Papa Francesco, suo conterraneo. Qual è la Chiesa che questo Papa sta portando nel mondo e come la sta cambiando?

“Parlare di un Papa è una cosa molto complicata, e non lo dico per evitare la domanda ma perché si rischia sempre di dire cose banali. Il Papa è argentino e credo che nel suo operato si rifletta molto quello che rappresenta la chiesa nel nostro paese. E’ una chiesa molto giovane, perché il nostro Continente è stato scoperto quando da voi il cristianesimo aveva già 1500 anni di storia. In più è una Chiesa, se vogliamo, più informale, molto più simile ad una famiglia. Il rapporto tra la popolazione e la chiesa è molto stretto così come con la figura del prete, che fa parte della vita delle persone. Non è raro che un parroco si inviti a cena in una famiglia, se sa che in quel momento c’è bisogno di lui, di un consiglio, di un aiuto o anche della sua semplice presenza. Tanto per fare un esempio. O come è normalissimo vedere un prete in tonaca che gioca a pallone con i ragazzi che frequentano la chiesa. Qui mi sa che è diverso. Qualche giorno fa ero qui al Duomo ed ero in tonaca. Avevo un pallone in macchina, mentre facevo il trasloco delle mie cose, e c’era un bambino che frequenta la chiesa e gli ho detto se voleva fare due palleggi. Ci siamo messi a giocare qui dietro la chiesa e c’erano tutti gli avventori del bar che ci guardavano stupefatti”.

 

A lei piace molto il calcio ed è tifoso della stessa squadra di calcio del Papa.
“Forse sono più tifoso del Papa (ride). Sa che il San Lorenzo de Almagro è stata creata dal prete salesiano italiano Lorenzo Massa? Don Lorenzo aprì il campo dell’oratorio ai ragazzi dopo che uno di loro, che giocava a calcio per strada, venne investito da un tram. Il patto era: potete giocare, ma la domenica venite a messa. Oggi è una squadra di Serie A tra le più famose del mondo. Abbiamo vinto anche lo scudetto”.

 

E a Roma chi tifa?

“Questo lo posso dire solo in confessionale”.

 

Non solo calcio, lei è anche un corridore.
“Corro da quando sono piccolo. Mi piace molto”.

 

Qualche Maratona?
“Quella di Roma, quella di Latina, quella del Passatore lunga 100 chilometri. Ho corso anche a Tokyo”.

 

E a Monterotondo?
“Cerco di correre tutte le mattine, intorno alle 6, se gli impegni da parroco me lo permettono. Ho già incontrato altri appassionati di Monterotondo e ho scoperto la pista ciclabile sulla Tangenziale. La prima volta che ho percorso da solo per Monterotondo mi sono perso”.

 

Le piace Monterotondo?
“Moltissimo. E’ molto grande rispetto alle mie precedenti esperienze. Si può dire che conoscessi personalmente tutti i miei parrocchiani quando ero in Sabina. So che è difficile, ma mi piacerebbe non perdere il rapporto umano con i parrocchiani e con i monterotondesi”.

 

Don Pietro Belloni le ha dato qualche consiglio?
“Ha fatto molto di più. La mia presenza qui sarà all’insegna della continuità del suo lavoro con la comunità. Pensi che mi ha detto: chiamami se posso essere utile in qualcosa. L’ho preso alla lettera e l’ho chiamato tre volte di seguito in tre giorni di seguito ed è venuto qui tutte le volte. Non posso che ringraziarlo”.

 

Monterotondo è anche il Suo Santo, ovvero Sant’Antonio.
“Lo so bene. Sono tre mesi che leggo tutto quello che trovo su Sant’Antonio. Ovviamente ho già incontrato la Pia Unione. Io credo questo: la venerazione di Sant’Antonio a Monterotondo è un’opportunità sia per la città che per la sua Chiesa. Anzi: Sant’Antonio a Monterotondo è un dono di Dio che la rende, a suo modo, unica. Sant’Antonio apre il cuore dei monterotondesi e anche questo la rende unica”.

Condividi l'articolo:
LEGGI ANCHE  SANT’ANGELO ROMANO - Elezioni, Cornacchia contro Cornacchia per la carica di sindaco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.