Monterotondo – Claudio Camilli, attore-netturbino sul set col “Dandi” tra gli zombi

Un “gioiellino” per stomaci forti che sta facendo parecchio parlare di sé. E’ “In un giorno alla fine”, opera prima del regista Daniele Misichia. Un film di cui si sa ancora poco, se non che nella trama c’è Roja, il protagonista, che rimane bloccato in un ascensore, mentre comincia drammaticamente a capire che fuori quelle quattro mura sospese nel vuoto sta succedendo qualcosa di veramente brutto.
Classe 1982, studi al Marco Polo (oggi Angelo Frammartino), sposato da due anni, da otto lavora cfratelli-camilliome operatore della nettezza urbana all’Apm. Il papà Rolando è un tipografo in pensione, mentre la mamma Angela fa la sarta. Con i due fratelli e il papà condivide una potente predisposizione artistica. Alessandro, come il padre, è un musicista. Riccardo, invece, lavora come montatore ma è anche un bravissimo regista. Con lui, dice Claudio, sono “Culo e camicia” e da quando è ragazzino lavora nei suoi suoi film. Proprio adesso, infatti, è reduce dal set di una commedia diretta dal fratello Riccardo e che vedrà la luce a febbraio. “In un giorno alla fine” è un nuovo tassello di questa nuova e promettente fase per il cinema italiano di genere, che con pellicole molto importanti sta guadagnando lo spazio che merita.

Claudio Camilli, a 34 anni hai già molti film all’attivo e opere per il teatro. Pensi che con “In un giorno la fine” – horror in salsa romana – sia arrivato il tuo primo ruolo in una produzione che troverà spazio e visibilità a livello nazionale?
E’ quello che mi auguro. Il cinema italiano di genere ultimamente si sta prendendo le sue rivincite. Film come Lo chiamavano Jeeg Robot, Veloce come il vento e Non essere cattivo, hanno aperto gli occhi al grande pubblico dimostrando che oltre le commedie di Natale o altri tipi di film con trame trite e ritrite, anche noi abbiamo registi validissimi che possono fare ottimi film che non hanno nulla da invidiare alle produzioni oltre oceano. Inoltre credo sia stata data anche una scossa positiva a qualche produttore italiano, che magari prima non avrebbe mai osato produrre un certo tipo di cinema.

LEGGI ANCHE  FONTE NUOVA - Inaugurata la pista ciclopedonale da 300 mila euro

Quest’opera prima di Daniele Misischia, come detto, è una pellicola horror tutta romana e ambientata a Roma. Del film si sa poco. Cosa puoi anticipare? Che ruolo ha Roma tra sangue, volti maciullati e zombie?
Per ora posso anticipare ben poco. Quasi tutto il film è ambientato dentro un ascensore bloccato, dove all’interno vi è il protagonista (Roja) che piano piano, da quel poco che riesce a vedere, si renderà conto che fuori si sta scatenando un inferno. Le persone si trasformano in infetti cannibali pronti a sbranare chiunque gli capiti davanti. E lui affronterà tutto ciò da lì dentro. Il film è ambientato a Roma, sì, ma in realtà non ha a che vedere niente con la storia. In un giorno la fine è un horror in piena regola con molte sfumature action anni ’80 e a volte un po’ di humor che non guasta mai.

Sul set hai lavorato con Alessandro Roja, il Dandi di Romanzo Criminale e di molti altri lavori importanti. Come è stato lavorare con lui? Che tipo è?
Alessandro è un gran giocherellone ma anche molto professionale. Ha sempre mille idee. Il primo giorno abbiamo parlato pochissimo, a parte qualche consiglio che mi dava fra un ciack e l’altro, ma poi ognuno stava per conto suo. Nei giorni successivi invece abbiamo legato e preso confidenza. Ci sfottevamo a vicenda sulla Lazio e la Roma o altre cose. Mi sono trovato molto bene.

Nel film ci sono gli zombi, un ascensore e un virus letale. Quanto di questo film, secondo te, racconta delle paure che viviamo in questo tempo? Tra attacchi terroristici e altri rischi, purtroppo molto reali?
Io credo che questo film non voglia assolutamente toccare nessun tasto che riguardi terrorismo o roba simile. È un film di intrattenimento per gli amanti del genere.

15936019
Gli zombi, nei film, sono sempre stati metafora di qualcosa. Chi sono gli zombi oggi?
Gli zombie di oggi siamo noi. Schiavi della tecnologia e dei cellulari. Ma la cosa preoccupante sono i bambini di 6 o 7 anni che già hanno in mano questi giocattoli da 700 euro. Credo che la risposta migliore alla tua domanda sia nel film di Carpenter Essi Vivono, un film dell’88 che mostra esattamente in un modo inquietante ciò che siamo diventati oggi.

LEGGI ANCHE  CAVE - Massimo Sapienti, un mistero lungo due anni: appello di “Chi l’ha visto?”

Tu sei un ragazzo monterotondese doc. Nella vita lavori come operatore ecologico ma hai sempre fatto cinema. Come coniughi le due cose? Che mondo è e come lo vivi?
Fortunatamente sono sempre riuscito a far coincidere le due cose. Lavoro a due passi da casa e l’orario che faccio mi permette di dedicarmi ad altro. Quando mi dicono attore mi viene da ridere, perché in realtà lavoro nella nettezza urbana, e per il momento è questo che mi dà da vivere, poi un giorno chissà.

Hai girato molte pellicole con tuo fratello, Riccardo, dietro la macchina da presa come regista. Che rapporto avete e che esperienza è lavorare in un film con il proprio fratello?
Io e Riccardo siamo culo e camicia. Abbiamo gli stessi gusti un po’ su tutto. Grazie a lui ho scoperto la passione per il cinema è la passione per la recitazione soprattutto. Perché le prime cose le ho fatte con lui, la primissima nel lontano 1992. Abbiamo da poco terminato il suo film che si chiama Peggio per me. Una commedia fichissima che ad un certo punto prende una piega totalmente surreale che spiazza lo spettatore. Sul set ormai ci capiamo al volo, basta un’occhiata e già so cosa vuole da me.

Molti del nostro territorio, a Monterotondo e non solo, che lavorano nel cinema. Tutti pensano a Marco Giallini, tra gli attori più quotati del momento. Ma ci sono anche tantissimi ragazzi che lottano per farsi strada nel settore. Monterotondo, tra l’altro, è un set naturale per molte fiction e film. Cosa può fare il territorio per dare una mano a questo settore?
Io credo che Monterotondo faccia già molto con il festival delle Cerase, ospitando ogni anno tutti i più grandi registi e attori Italiani. Due anni fa eravamo in gara anche noi con il penultimo film di mio fratello Riccardo Giudizi Universali. Monterotondo si è sempre prestata ai giovani artisti e negli anni ha sfornato i suoi pupilli. Mi auguro continui a farlo.

di Emanuele Cascapera

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.